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PMI sottoassicurate: serve una maggiore tutela

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Giovedì, 13 Giugno, 2013 - 08:59
Autore: Gillespie

La crisi delle aziende ha travolto non solo le banche, ma anche le compagnie di assicurazione. Queste ultime sono state colpite sia dalla svalutazione delle loro partecipazioni sia dal venire meno di molti clienti, costretti a chiudere o ridurre la loro attività. Ne risulta intaccato il patrimonio sia tangibile, economico, delle compagnie, sia quello intangibile, il parco clienti. In questo quadro, anche gli intermediari assicurativi professionali ne hanno avuto conseguenze negative: riduzione dei clienti, pressioni sui margini, difficoltà nel pagamento dei premi, con necessità di anticipare i premi per conto della clientela per non perderla.

La quinta edizione del convegno nazionale organizzato dal Giornale delle Assicurazioni, “Imprese e crisi: la risposta del comparto assicurativo tra solidità patrimoniale e gestione del rischio”, svoltosi ieri a Milano è stata aperta dagli interventi, coordinati dal Direttore della testata Angela Maria Scullica, di: Aldo Minucci (Presidente ANIA), Fabio Cerchiai (Presidente FEBAF), Paolo Panarelli (Direttore Generale CONSAP), Marco Oriolo (Vice Presidente Giovani Imprenditori di Confindustria), Salvatore Carlo Malvezzi (Vice Presidente Commissione Attività Produttive e Occupazione Regione Lombardia), Sergio Corbello (Presidente di Assoprevidenza), Claudio Demozzi (Presidente SNA), Dario Focarelli (Direttore Generale ANIA), Paolo Rubini (Presidente ANRA) e Francesco G. Paparella (Presidente AIBA).

L’obiettivo principale delle assicurazioni è di ridurre la vulnerabilità e rafforzare la stabilità del tessuto economico. Si tratta di una finalità di grande rilevanza per l’intero tessuto produttivo del Paese alle prese con un’emergenza senza fine, dalle ampie ricadute sulle aziende e sulle famiglie. Negli ultimi cinque anni circa 70 mila imprese hanno chiuso i battenti, la redditività aziendale è stata distrutta e i disoccupati sono oggi circa 3 milioni. Inoltre, dal 2007 a oggi il Pil è sceso di oltre l’8% riportando l’Italia alla situazione del 2000. Un quadro allarmante, i cui toni grigi sono stati accentuati dall’andamento dei primi mesi dell’anno: nel primo trimestre 2013 la produzione industriale segna una riduzione del 5,3% rispetto a un anno fa, con punte del -6,5% per le imprese con meno di cinquanta addetti e del -7,2% per l’artigianato.

Diversi indicatori evidenziano che le imprese ben assicurate sopravvivono meglio alla crisi e spuntano condizioni più favorevoli di accesso al credito, tuttavia gli imprenditori italiani sottovalutano il ruolo decisivo dello strumento assicurativo.

Sono soprattutto le PMI, caratterizzate da scarsa patrimonializzazione, a essere maggiormente esposte al rischio ma, complice anche il drastico calo del fatturato degli ultimi anni, si assicurano meno del necessario: circa il 14% non sottoscrive neanche la polizza incendio (Fonte: la domanda assicurativa delle PMI, Guiso). Sottovalutati rischi potenzialmente molto gravi come i danni ambientali (solo il 10% ha sottoscritto una polizza inquinamento), l’interruzione dell’attività produttiva (meno del 20% è assicurata), i rischi catastrofali, nonostante i rischi di mancato risarcimento da parte dello Stato e il rischio reputazionale. Poco considerato anche il rischio di cambio, nonostante siano molte le imprese che operano in paesi extra-euro. Infine, il broker di assicurazioni si conferma il punto di riferimento per gli imprenditori italiani: i broker gestiscono circa il 70% dei rischi industriali del Paese.

Allo stato attuale, tutte le soluzioni adottate a livello nazionale e sovranazionale hanno dato risultati effimeri. In attesa di riforme strutturali che disegnino un Paese più moderno e dinamico, il sistema assicurativo deve tornare ai “fondamentali”. “Gli Stati hanno esaurito le loro risorse”, ha affermato Angela Maria Scullica, Direttore del Giornale delle Assicurazioni. “Occorre una nuova fase di forte concertazione tra i soggetti, sia pure dialettica, ma costruttiva. In particolare, l’obiettivo finale deve essere la salvaguardia del patrimonio tangibile e intangibile rappresentato dalle nostre compagnie, dalle nostre aziende, dai nostri intermediari. Questo deve essere perseguito con ristrutturazioni che non gettino via il bambino con l’acqua sporca e con la ricerca di ritorni sul capitale non immediati, ma di medio termine. La crisi finanziaria ha dimostrato come una normativa troppo complicata abbia avuto comunque dei “bachi”. D’altro canto, occorre fissare pochi principi e fare in modo che la regolamentazione non solo tuteli, ma sia comprensibile da parte del cliente, soprattutto se rappresentato da piccole imprese e da privati. I costi dell’eccessiva regolamentazione pesano sulle compagnie, sugli intermediari e, indirettamente, sulla clientela. Ne deriva una dissuasione a un’efficace copertura dal rischio e una pari lontananza dall’investimento assicurativo. Le soluzioni devono e possono essere semplici. Quanto più lo sono, tanto più sono realizzabili”. 

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