
La polizza Vita non rientra nell’asse ereditario, non potendo essere qualificata come disposizione testamentaria. Accogliendo la domanda di un’erede ed esecutrice testamentaria di una donna defunta, il Tribunale di Perugia ha sentenziato (746/2015) che “l’assicurazione sulla vita non rientra nell’asse ereditario”.
Pertanto, il beneficiario acquista, per effetto della designazione, un “diritto proprio” nei confronti dell’assicurazione; l’atto di designazione del beneficiario è infatti un atto unilaterale a favore di un terzo ed è un “atto tra vivi”, nel senso che il beneficiario non acquista il diritto al pagamento dell’indennità a titolo di legato o di quota ereditaria, ma base alla promessa fatta dall’assicuratore di pagare il capitale al momento del verificarsi dell’evento assicurato.
Di conseguenza, l’obbligazione di pagamento che grava sull’assicurazione, e il conseguente diritto per il beneficiario, non discende dal testamento, ma solo da un contratto di assicurazione stipulato quando ancora il testatore era in vita.
La morte dell’assicurato è solo l’evento che fa scattare il diritto a percepire materialmente l’assegno, diritto comunque che era già sorto all’atto della stipula della polizza vita. Insomma, la morte non fa scattare la qualità di erede all’assicurato, ma è solo il cosiddetto evento assicurato, rappresenta il mero momento di consolidamento del diritto già acquisito con un contratto “tra vivi” e non in forza dell’eredità.
La disputa giudiziaria riguardava il premio assicurativo di una polizza Vita contratta nel 2005, inizialmente con beneficiarie due associazioni e successivamente (nel 2007) gli eredi legittimi. La polizza, richiamata nel testamento olografo, non menzionava tuttavia l'intervenuta modifica.