In questa intervista il presidente del network, Piero Stancampiano, spiega che Union Broker punta a rafforzare il ruolo di polo nazionale a difesa dell'intermediazione indipendente, contro le logiche oligopolistiche

In un mercato assicurativo sempre più dominato da grandi player e dinamiche di accentramento, Union Brokers sta scrivendo una pagina diversa. Con l’ingresso di Darm Broker e Un Mondo di Servizi, il network arriva a nove realtà associate, confermando la sua vocazione aggregativa per i broker medio-piccoli.
Al centro dell’iniziativa, non solo la volontà di affermarsi come interlocutore forte e credibile sul piano distributivo, ma anche la difesa della figura del broker indipendente, valorizzata attraverso strumenti innovativi come la rete d’impresa, la codatorialità e l’analisi personalizzata del rischio. Ne abbiamo parlato con il presidente del network, Piero Stancampiano, per capire quali sono le prossime sfide di questo modello alternativo, le nuove opportunità e la visione di futuro per una professione che si trova oggi a un crocevia tra innovazione tecnologica, esigenze normative e cambiamenti strutturali del mercato.
Quali sono gli obiettivi principali di questa espansione e quali vantaggi porterà al network e ai vostri clienti?
Si tratta di una conferma della validità del progetto che si è dimostrato attrattivo ed aggregativo. L’obiettivo è di diventare rappresentatitivi a livello nazionale e polo di riferimento per i brokers medio-piccoli.
La vostra rete comprende realtà molto diverse per storia e competenze, da Roma a Trapani, da Padova a Senigallia e Reggio Calabria. Come riuscite a integrare queste diverse esperienze in una strategia comune e quali sinergie pensate di sviluppare con i nuovi ingressi?
Stiamo lavorando alla definizione di un programma di rete che tenga conto delle evoluzioni che stanno interessando il mercato del brokeraggio assicurativo in Italia, dove assistiamo a un processo di accorpamento nei confronti di broker medio-grandi e a un cambiamento delle politiche distributive delle compagnie assicurative, che tendono a privilegiare i loro agenti. Questo contrasta con l’esigenza di fornire un servizio al cliente che vuole essere seguito da un intermediario indipendente da lui scelto personalmente. La mia impressione è che si voglia far pagare al broker il peccato originale di essere un soggetto trasversale, libero ed indipendente in un mercato sempre più dominato da logiche oligopolistiche e di mercificazione delle relazioni umane.
Quali sono gli obiettivi a medio termine di Union Brokers e quali sono le risposte del mercato in questa fase di operatività?
La rete d’impresa è uno strumento giuridico pressocché sconosciuto nel mercato assicurativo che offre ampi margini di manovra e che rappresenta una grande leva per favorire la crescita delle singole realtà in armonia con gli obiettivi del gruppo. Si pensi alle grandi opportunità offerte dalla codatorialità e dal distacco del personale dipendente, le economie di scala, la forza del gruppo e delle relazioni interpersonali.
Puntate ad affermarvi come polo di attrazione per altri broker. Quali caratteristiche devono avere per entrare in Union Brokers? Può ancora esistere sul mercato un piccolo broker indipendente?
Si puntiamo a questo. Mi rendo conto che è un obiettivo molto ambizioso, ma in questo momento è l’unico progetto che il mercato riesce ad esprimere per valorizzare il ruolo dei broker e nello specifico dei piccoli brokers. Chi vuole aderire deve sposare la nostra causa e lavorare per promuovere la rete d’impresa evitando comportamenti da free rider ed opportunistici.
Il mercato non può fare a meno dell’opera del piccolo broker perché è quello che può riservargli le giuste attenzioni.
Potete anticipare qualche nuova iniziativa o progetto specifico che state valutando per rafforzare il ruolo di Union Brokers?
Anzitutto, la Union Brokers tende ad affermarsi sul mercato quale polo aggregativo sul versante distributivo, ovvero come mercato di riferimento per quelle compagnie/gerenze che vogliano distribuire i loro prodotti puntando su una struttura che a livello aggregato ha un peso specifico ed un radicamento territoriale di grande impatto.
La vostra mission sottolinea l'importanza di un approccio personalizzato nella gestione del rischio. Potete raccontarci un caso concreto in cui questa filosofia ha fatto la differenza per un cliente?
L’approccio personalizzato è alla base dell’analisi dei bisogni resa attuale ed obbligatoria dall’IDD e rappresenta il primo passo per arrivare ad una polizza assicurativa che rifletta i bisogni e le esigenze dei clienti, riducendo l’asimmetria informativa. Il punto di partenza di questo metodo è la conoscenza del cliente ed un’analisi puntuale delle dichiarazioni precontrattuali.
Tra inflazione, crisi geopolitiche, cyber risk e aumento della frequenza e della gravità degli eventi naturali, il mercato assicurativo è sempre più incerto. Cosa prevede per il 2025? Che impatto può avere sui broker l’obbligo ad assicurarsi contro gli eventi naturali per le imprese?
Rappresenta un passaggio epocale perché per la prima volta ci interroghiamo sulla necessità di assicurare il patrimonio materiale delle aziende che operano sul territorio e questo costituirà un trampolino di lancio anche per rifllettere sull’opportunità di estendere l’obbligo alle famiglie. Il mercato assicurativo ne gioverebbe in termini di capitalizzazione e le famiglie si troverebbero più sicure e protette.
Si parla molto di nuove tecnologie, sostenibilità, trasformazione digitale, intelligenza artificiale. Come vede il futuro della professione del broker?
Anche qua si tratta di un passaggio epocale perché la tecnologia aiuta a semplificare i processi e la semplificazione giova a liberare energie che potranno essere convogliate diversamente. Inoltre, l’intelligenza artificiale rivoluzionerà i software per la comparazione delle condizioni e delle tariffe assicurative e questo aiuterà a fornire una consulenza puntuale riducendo, ancora una volta, l’asimmetria a carico del cliente.