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Broker, ascolta i dati: cosa imparare dagli assicuratori e cosa non ignorare

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Mercoledì, 17 Settembre, 2025 - 09:13
Autore: Gillespie

Nel mondo delle assicurazioni, dove i margini si assottigliano e le aspettative crescono, i broker si trovano davanti a una sfida cruciale: interpretare i dati non solo per comprendere il passato, ma per costruire il futuro. 

Insurance Business ha raccolto la testimonianza di Matt Scott, co-fondatore di Insurance Data Lab, che può vantare un bagaglio professionale insolito ma consistente: attuario, giornalista e ora esperto di analytics. “Avere un certo background – con i numeri dal lato attuariale e la narrazione dal giornalismo – aiuta a capire il contesto di ciò che i dati stanno dicendo”, spiega Scott. “Non è solo che qualcosa è aumentato o diminuito. È capire cosa significa concretamente per i broker”.

La sua analisi si concentra su tre pilastri finanziari: redditività, crescita e produttività. Quest’ultima, secondo Scott, è spesso il vero indicatore della solidità operativa di un’azienda. “Guardiamo al fatturato medio per dipendente e ai costi del personale come percentuale del fatturato”, dice. “Ti dà un’idea se le persone stanno generando valore o semplicemente mantenendo le luci accese.” La produttività, a differenza di crescita e profitto, tende a rivelare la struttura interna e la capacità di replicare il successo nel tempo.

Anche sul fronte dell’underwriting, Scott invita a guardare oltre i numeri di superficie. Il suo approccio si basa su coerenza e continuità, non sui picchi occasionali. “Osserviamo il combined operating ratio dell’anno corrente, il miglioramento anno su anno e la media triennale”, afferma. “Quest’ultima mostra se un’azienda è costruita per durare.” Per i broker che valutano i partner assicurativi, questo tipo di analisi aiuta a distinguere tra crescita sostenibile e strategie aggressive che sacrificano la redditività. “È facile crescere se sei disposto a perdere denaro. Basta tagliare i premi. Ma non aiuta nessuno – né te, né il cliente.”

Un altro punto di riferimento sono le MGA (Managing General Agents), che secondo Scott eccellono in velocità, servizio e specializzazione settoriale. “Spesso non hanno i problemi tecnologici ereditati dai grandi assicuratori”, osserva. “E di solito hanno una nicchia specifica, che li aiuta a comprendere davvero il loro mercato.” Questo si traduce in un servizio più reattivo e una maggiore facilità di collaborazione, come confermato dai feedback dei broker. “Non sempre, ma in generale, le MGA sono più rapide, più reattive e più semplici da gestire.” E non è un caso che le società con una focalizzazione simile siano sempre più appetibili nelle operazioni di M&A. “Le aziende specialistiche sono richieste. Le persone vogliono quella focalizzazione e quella agilità.”

E poi c’è la cultura aziendale, un elemento difficile da misurare ma fondamentale. “Probabilmente è una delle cose più difficili da quantificare”, ammette Scott, “ma è una delle più importanti – sia dal punto di vista relazionale che da quello dell’acquisizione.” Per migliorare le performance, il consiglio è chiaro: partire dalle persone, non dalle piattaforme. “La cultura è la prima cosa – avere la mentalità giusta e mantenerla coerente in tutta l’azienda”, dice. “Serve che tutti remino nella stessa direzione, qualunque essa sia.” La tecnologia deve seguire la strategia, non guidarla. “Non si tratta di lanciare l’AI sul problema. La risposta non sarà sempre la tecnologia”, conclude. “Si tratta di risolvere il problema giusto – e usare la tecnologia per aiutare le persone a fare lavori più di valore”.

Tag: 
Insurance Data Lab

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