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Country Risk Map 2014: cresce l’instabilità a livello globale

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Lunedì, 22 Settembre, 2014 - 17:59
Autore: Araldo

In occasione della pubblicazione del nuovo sito web e della nuova Country Risk Map, SACE calcola i costi dell’instabilità geopolitica globale per l’economia italiana nel 2011-2013 e stima il potenziale di nuovo export italiano per il 2014-2016 offerto dai mercati emergenti con i migliori livelli di rischio.

La Mappa interattiva, disponibile su www.sace.it, consente ai diversi operatori (siano essi esportatori, banche, investitori industriali o costruttori) di selezionare il proprio mercato d’interesse tra i 196 analizzati da SACE e visualizzare gratuitamente, in pochi “clic” e da qualsiasi dispositivo, i rischi in cui possono incorrere nei processi di  internazionalizzazione.

Rischio di credito: trend 2010-2014

Osservando l’andamento del rischio di credito (ovvero di mancato pagamento) negli ultimi quattro anni non vi sono state sostanziali variazioni: è aumentato di soli 3 punti, seppure con marcate differenze tra le diverse aree geografiche.

Il rischio è aumentato soprattutto nei Paesi avanzati (+10 punti), che tuttavia rimangono in una classe di merito sicura, e in Medio Oriente e Nord Africa (+6).

Le dinamiche sottostanti il quadro globale evidenziano tuttavia crescente volatilità ed eterogeneità all’interno delle principali macro-regioni, e richiedono dunque particolare selettività da parte delle imprese nell’approccio ai mercati, oltre all’adozione di strumenti adeguati per proteggersi dai rischi e massimizzare le opportunità.

Instabilità politiche e crisi economiche hanno interessato in particolare un insieme di Paesi, caratterizzati da rischi persistentemente elevati (Argentina, Bielorussia, Iran, Iraq, Pakistan, Ucraina, Ungheria, Uzbekistan e Venezuela) o da rischi medio-alti ma in crescita negli ultimi quattro anni (Egitto, Grecia, Libia, Russia, Siria e Tunisia). SACE stima in 36,6 miliardi di euro i costi, in termini di mancato export, di quest’elevata rischiosità per l’export italiano: 17 miliardi derivanti da crisi geopolitiche, 11 miliardi da crisi economiche e 8 miliardi dalla sola crisi russa.

Crescita sostenuta e miglioramento dei profili di rischio hanno interessato invece un ampio gruppo di mercati emergenti, caratterizzati da meriti creditizi ormai stabilmente positivi (Brasile, Cina, India, Malaysia, Messico, Polonia, Sudafrica, Perù) o medi, ma in progressivo miglioramento (Algeria, Colombia, Filippine, Indonesia, Kenya, Marocco, Turchia). SACE stima in 38,5 miliardi il potenziale business che potrebbero offrire questi mercati all’export italiano nei prossimi due anni, se le imprese riorientassero in questa direzione le proprie attività: di cui 19 miliardi da Polonia e Cina (pari da sole al 50% del recupero potenziale), 8,8 da India e Turchia e 5,5 miliardi da Algeria.

Tra i mercati in crescita già noti all’export italiano vi sono Algeria, Marocco e Turchia, dove l’Italia deve difendere e possibilmente rafforzare il proprio posizionamento (rispettivamente come terzo, sesto e quinto fornitore). Tra i Paesi in cui espandere la presenza italiana vi sono invece Colombia, Filippine e Kenya, Paesi in forte espansione economica, con consumi e investimenti in crescita. In queste geografie la presenza di altri Paesi europei - come Francia e Germania - è decisamente superiore a quella italiana, quindi gli spazi di miglioramento per il nostro Paese rimangono ampi.

La ricerca delle opportunità nei mercati evidenziati, specie quelli “nuovi”, richiede un approccio informato e adeguato alla comprensione delle dinamiche locali, sotto molteplici punti di vista. Gran parte delle imprese che vanno all’estero sono di dimensioni medio-piccole, e difficilmente riescono a gestire in proprio i rischi dell’internazionalizzazione e a ottenere adeguato accesso alla finanza per lo sviluppo all’estero. Supportarle nel controllare e fronteggiare questi rischi consente all’impresa di concentrarsi sul business e sulla competitività della sua offerta tecnica/commerciale nei Paesi di destinazione. E l’accesso a strumenti finanziari per l’internazionalizzazione (trade-finance, garanzie finanziarie) permette loro di sfruttare la leva dell’export, l’unica via di crescita concreta.

Rischio politico: trend 2010-2014

Osservando l’andamento del rischio politico (ovvero la media dei tre rischi violenza politica, esproprio, trasferimento), apparentemente non vi sono state variazioni negli ultimi quattro anni: un risultato che deriva, in realtà, anche in questo caso dalla sommatoria di performance molto eterogenee.

La violenza politica è aumentata del 17%, essenzialmente a causa dall’onda lunga della Primavera Araba e della conseguente instabilità politica in Medio Oriente e nel Sud Est del Mediterraneo. L’aggravamento del rischio si è verificato infatti soprattutto in Libia (il cui punteggio è aumentato di 41 punti), Siria (+37), Tunisia (+25), Bahrain (+18), Egitto (+14). A questo, si sono sommate tensioni politiche in Paesi come Mali (+39), Argentina (+20), Venezuela (+15) e Tailandia (+12), la crisi tra Russia e Ucraina e il riacutizzarsi di fenomeni terroristici in Africa. Seppur su livelli ben più contenuti, anche in Europa sono aumentate le tensioni socio-economiche, in particolare nei Paesi che hanno subito un tracollo economico e le conseguenti misure di austerità, come nel caso di Grecia (+16), Cipro (+12), Portogallo (+12).

Anche il rischio di esproprio è aumentato, sebbene in misura più limitata (+9%), a causa sia dell’inevitabile inasprirsi del contesto mediorientale e dell’aggravarsi della situazione anche in America Latina; in quest’area oltre ad Argentina e Venezuela, dove i governi hanno una forte ingerenza nell’attività economica e in quattro anni si è avuto un aumento rispettivamente di 27 e 10 punti che li ha portati alla soglia di 90, si è verificato un  peggioramento anche in mercati come El Salvador (+8), Guatemala e Honduras (+7).

Il rischio di trasferimento è invece migliorato di 11 punti a livello globale, grazie al minor livello di rischio in Europa: sia per i Paesi periferici dell’area euro che hanno potuto beneficiare degli interventi promossi dalla BCE, sia per i mercati dell’est Europa che sono stati in grado di rafforzare alcuni dei loro fondamentali economici.

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