Dal 25 maggio sarà operativo il nuovo Regolamento Europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR) che ha l’obiettivo di creare un “clima di fiducia per lo sviluppo dell’economia digitale in tutto il mercato interno”, ma uno studio realizzato dall’Osservatorio di Federprivacy sui principali trecento siti web italiani evidenzia che buona parte stentano ancora a fare della privacy e della sicurezza online una virtù.
I risultati evidenziano che il 39% dei siti monitorati, anziché ricorrere a protocolli sicuri con cifratura SSL/TLS, (facilmente riconoscibili perchè contrassegnati sul browser dal prefisso “https” e un lucchettino verde), continuano ad utilizzare connessioni non sicure che consentono potenzialmente a dei malintenzionati di intercettare dati personali inviati o ricevuti tramite un form di contatto, o di carpire i dati della carta di credito digitati durante un acquisto online.
Altro elemento rilevato dallo studio che concorre a frenare il decollo dell’e-commerce made in Italy, è che ben 252 siti sui trecento analizzati (84%), sebbene siano dotati di una informativa sulla privacy, non forniscono i recapiti per l’esercizio dei diritti dell'interessato o i dati di contatto del data protection officer, informazioni che peraltro dal 25 maggio sarà obbligatorio pubblicare per tutte le PA e per le aziende che trattano dati su larga scala o che profilano gli interessati, tecnica quest'ultima che risulta peraltro attiva nell'85% dei siti italiani esaminati, i quali utilizzano cookies di terza parte che servono proprio a memorizzare e tracciare gusti e preferenze online degli utenti.
“Se da una parte la maggioranza di questi siti mettono il naso nei dispositivi degli utenti per monitorare i loro comportamenti online, al tempo stesso rendono difficile anche solo chiedere delle informazioni su come essi utilizzano tali dati - afferma il presidente di Federprivacy Nicola Bernardi - e questa scarsa trasparenza penalizza paradossalmente non solo i diritti degli interessati ma anche le stesse aziende che finiscono per macchiare la propria reputazione sprecando molte delle opportunità del mercato digitale”.