Il Covid ha annullato, completamente nel Nord Italia e parzialmente nelle altre aree del Paese, la crescita maturata nell’ultimo decennio in termini di aspettative di vita.
Lo afferma il decimo “Rapporto Bes” dell’Istat sul benessere equo e sostenibile, rilevando come nel 2010 la speranza di vita alla nascita fosse di 81,7 anni, nel 2019 di 83,2, prima di invertire la tendenza nel 2020 e scendere a 82,3 anni.
“Gli indicatori hanno registrato impatti particolarmente violenti su alcuni progressi raggiunti in dieci anni sulla salute, annullati in un solo anno”, ha detto il presidente Istat, Gian Carlo Blangiardo.
Nel 2020 il 44,5% della popolazione italiana esprime un voto tra 8 e 10 sulla soddisfazione della propria vita, in leggero aumento rispetto all’anno precedente (43,2%).
Si mantengono le differenze territoriali, con una maggiore percentuale di soddisfatti al Nord (48,4%), quasi quattro punti percentuali in più della media nazionale, e livelli più bassi al Centro e nel Mezzogiorno (43% e 40%).
Nel nostro Paese la soddisfazione per la vita rimane diseguale non solo tra territori ma anche per titolo di studio conseguito, età e, sia pure in misura minore, tra uomini e donne.
Il rapporto mette anche in luce come il divario dell’Italia con l’Europa sull’istruzione continua ad ampliarsi: nel secondo trimestre 2020 il 62,6% delle persone di 25-64 anni ha almeno il diploma superiore (54,8% nel 2010), una percentuale più bassa di 16 punti percentuali della media Ue.
Tra i giovani di 30-34 anni il 27,9% ha un titolo universitario o terziario (19,8% nel 2010) contro il 42,1% della media Ue27. La pandemia ha anche acuito le disuguaglianze. Nel secondo trimestre 2020 sale al 23,9% la quota di giovani di 15-29 anni che non studiano e non lavorano (NEET), (21,2% nel secondo trimestre 2019).