Nei Paesi del Sud Europa i settori dell’agricoltura e dell’allevamento rischiano di sparire. A lanciare l’allarme è la European Environment Agency (EEA), che ha pubblicato uno studio secondo cui, a causa del cambiamento climatico colture come grano, mais e barbabietola da zucchero diminuiranno del 50% entro il 2050 nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Uno scenario che porterebbe alla perdita di valore (commerciale e sociale) per le terre agricole e al loro progressivo abbandono entro il 2100.
Il settore agricolo impiega direttamente circa 22 milioni di cittadini europei e si arriva a 44 milioni se si considerano tutte le persone impiegate nei comparti e servizi collegati. Il 40% del territorio UE è coperto da terreni agricoli, in buona parte distribuiti proprio nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo (Italia e Spagna in primis). Grazie a condizioni climatiche favorevoli, il settore agricolo ha continuato a crescere negli ultimi decenni tuttavia, come riporta anche il recente report dell’IPCC sull’uso intensivo del territorio, resta uno dei comparti più esposti al cambiamento climatico.
Ondate di calore infernale (come quelle registrate questa estate) e siccità sono tutti effetti di una trasformazione del clima sempre più rapida, che danneggia la produttività e la qualità dei raccolti nei paesi del Mediterraneo. La prospettiva futura è quella di una Europa capovolta, sottosopra: al Sud, le terre diventeranno sempre meno generose e fruttuose; mentre le regioni settentrionali e occidentali godranno di condizioni più favorevoli per la coltivazione di mais e cereali.
A essere più colpiti da questo grande stravolgimento ambientale saranno Italia, Grecia, Portogallo, Spagna e il sud della Francia: il valore della terra coltivata subirà una forte riduzione nel corso del lungo tempo, pari all’80 per cento entro il 2100, costringendo così gli agricoltori ad abbandonare l’attività. Il peso più gravoso (circa i due terzi) di questo calo dovrà sopportarlo l’Italia, dove i ricavi per i produttori sono particolarmente sensibili ai cambiamenti stagionali: nel complesso, le colture della Penisola affronteranno una perdita di valore che oscilla tra i 58 e i 120 miliardi di euro in 80 anni.
Il report spiega inoltre come l’aumento delle temperature medie globali e della concentrazione di CO2 nell’atmosfera porteranno probabilmente a un allungamento della stagione di crescita delle piante nel Nord Europa. Uno scenario che non comprometterebbe la sicurezza alimentare in Europa, ma che comporterebbe l’aumento dei costi di produzione e soprattutto quelli di consumo data la sproporzione tra domanda e offerta.