
Nonostante le crescenti iniziative a favore della parità di genere, l’industria automobilistica rimane poco attrattiva per le donne, soprattutto a causa delle difficoltà nel conciliare vita privata e lavoro, delle limitate opportunità di crescita professionale e delle alte pressioni lavorative.
Tuttavia, alcune aziende stanno prendendo provvedimenti per migliorare l’inclusione femminile, come dimostrato dalla quarta edizione del Pink Motor Day, un evento che ha esplorato la diversity & inclusion nel settore della mobilità aziendale.
Secondo un’indagine internazionale condotta in 11 Paesi, tra cui l'Italia, solo il 7,7% delle donne considera l'industria automobilistica il miglior settore in cui lavorare, contro il 10% del campione complessivo.
Le donne che lavorano nel settore segnalano tra le principali difficoltà la conciliazione vita-lavoro (45%), l'elevata competizione (44,7%) e la scarsa crescita professionale (42,9%). Nonostante queste sfide, l'82% delle lavoratrici afferma che le loro aziende stanno adottando misure per promuovere la parità di genere.
Cristina Reduzzi, division manager manifacturing & industry 4.0 di Gi Group ha sottolineato che, nonostante l’immagine tradizionalmente maschile dell’industria, ci sono opportunità di crescita per le donne. “La nostra survey a livello globale ci restituisce tra gli elementi di valore percepiti dalle donne che lavorano nel settore: la presenza di reale formazione continua, la possibilità di trasferte internazionali, il prestigio delle aziende ospitanti, la dinamicità e le tecnologie avanzate. Resta quindi aperta la sfida per l’Automotive di migliorare l’immagine di sé e riuscire, con strutturati cambi organizzativi, a ridurre condizioni di lavoro faticose, garantire una parità di trattamento salariale e puntare al work life balance necessario per le figure femminili così come per le figure maschili”.
Oltre a questi temi, l’inclusione lavorativa delle categorie protette resta un problema in Italia. Secondo la UIL Milano, in Lombardia mancano all'appello oltre 16.000 lavoratori con disabilità, poiché molte aziende preferiscono pagare sanzioni piuttosto che rispettare gli obblighi di legge. Al contrario, esempi virtuosi come Pizzaut, il ristorante gestito da giovani con autismo, dimostrano come l'inclusione possa essere una risorsa per l'azienda e la società.
Sul tema, con altri dati significativi è intervenuta Melissa Crespi, Centro Studi Valore D: “L'inclusione non è un semplice concetto, ma la chiave per liberare il potenziale unico di ogni persona. Insieme alle aziende lavoriamo per creare ambienti in cui ciascuno si senta valorizzato. I dati parlano chiaro: le aziende che investono nell'inclusione hanno il 39% di probabilità in più di superare i propri competitor. Puntare su equità, innovazione e sostenibilità sociale significa accelerare un cambiamento culturale per costruire, insieme, un futuro del lavoro inclusivo”.