Consumi interni bloccati e deboli prospettive di crescita: è questo lo scenario che ormai negli ultimi anni contraddistingue l’andamento dell’economia del nostro Paese che mette in difficoltà soprattutto le piccole e medie imprese. Guardare verso nuovi mercati continua a rappresentare la giusta opportunità di crescita. E i dati, infatti, confermano che l’export sta diventando sempre più rilevante per il futuro delle imprese italiane.
Proprio per orientare le aziende nella scelta dei mercati con le migliori prospettive di sviluppo per ciascun settore di riferimento produttivo, GEA – società di consulenza strategica indipendente che dal 1965 accompagna le imprese italiane nella loro crescita e nell’evoluzione manageriale – e la Fondazione Edison, lo scorso anno hanno lanciato l’Osservatorio GEA-Fondazione Edison: uno strumento di analisi innovativo delle opportunità offerte dalle esportazioni. Quest’anno l’analisi dell’Osservatorio GEA-Fondazione Edison si è focalizzata sui mercati più importanti per l’Italia: i TREC - Turchia, Russia, Emirati Arabi Uniti e Cina - i “nostri” Next 11 (Brasile, Hong Kong, Arabia Saudita, Messico, Algeria, Corea del Sud, India, Tunisia, Egitto, Libia e Israele) - e i Future 22 (Singapore, Sudafrica, Ucraina, Thailandia, Iran, Marocco, Albania, Serbia, Libano, Indonesia, Venezuela, Malaysia, Qatar, Argentina, Taiwan, Cile, Nigeria, Kuwait, Kazakistan, Giordania, Colombia, Iraq) - i paesi emergenti di media dimensione per l’Italia che mostrano uno sviluppo particolarmente dinamico con tassi di crescita interessanti per il nostro export. A livello globale, infatti, nel 2012 i Bric, per l’export italiano, hanno rappresentato 27,3 miliardi di euro e i Next 11 hanno registrato la cifra comparabile di 25,9 miliardi di euro. Ma i dati più interessanti sono rappresentati dalle esportazioni italiane verso i TREC che hanno registrato 35,1 miliardi di euro e quelle verso i “nostri” Next 11 che hanno raggiunto i 38,3 miliardi di euro, mentre 25,2 miliardi di euro è il valore verso i Future-22. Un totale di 98,6 miliardi di euro. Lo scenario internazionale, così come risulta dal Trade Performance Index dell’WTO UNCTAD, che analizza i primi 10 posti delle classifiche mondiali di competitività del commercio estero di 14 settori (alimenti freschi; alimenti trasformati; legno e carta; tessili; chimica e farmaceutica; cuoio e calzature; manufatti di base; meccanica non elettronica; IT ed elettronica di consumo; componenti ed apparecchi elettrici ed elettronici; mezzi di trasporto; abbigliamento; altri manufatti diversi; minerali), evidenzia che l’Italia è seconda solo alla Germania per competitività nel commercio estero. In particolare l’Italia è prima al mondo per competitività in 3 settori: tessile, abbigliamento, pelli-calzature e seconda, dopo la Germania, in altri 3 settori: meccanica non elettronica, manufatti di base (cioè metalli, ceramiche, ecc.) e altri prodotti manufatti (cioè occhialeria, gioielleria, articoli in materie plastiche). L’Italia risulta inoltre sesta nei prodotti alimentari trasformati. In queste 7 categorie di prodotti, nel 2011 il nostro Paese ha registrato un export complessivo pari a 309 miliardi di dollari e un surplus di 116 miliardi di dollari. Nell’ambito dei Paesi del G-20, l’Italia è una delle sole 5 economie (assieme a Cina, Germania, Giappone e Corea del Sud) che possono vantare un surplus con l’estero per i manufatti non alimentari. Questi risultati evidenziano quindi che l’Italia, nonostante la difficile situazione economica e le inefficienze del Sistema Paese – come per esempio la rigidità del mercato del lavoro, i ritardi infrastrutturali, l’energia troppo cara, un eccessivo peso della burocrazia, l’incertezza del diritto, ecc. - ha numerose eccellenze competitive che ricoprono importanti primati nella classifica dell’export mondiale con 3 primi posti e 3 secondi posti, posizionandosi appena dietro la Germania (con 9 tra primi e secondi posti), davanti alla Russia - che vanta solo un primo posto - e alla Cina che, in questi 14 settori, vanta un secondo posto e tre terzi posti. “I dati elaborati dall’Osservatorio evidenziano come nel 2011 l’Italia si trovi, per quanto attiene alla competitività delle imprese, tra i primi paesi del G20, con 923 prodotti in cui occupa posizioni di primo piano nel surplus commerciale con l’estero - spiega Marco Fortis, Vicepresidente della Fondazione Edison. Di questi, i prodotti in cui il nostro Paese è il 1° al mondo per attivo con l’estero sono ben 239; 334 sono quelli in cui è in seconda posizione e 350 quelli in cui è al terzo posto. Il tutto per un valore complessivo pari a 173 miliardi di dollari di surplus commerciale relativo ai 923 prodotti di eccellenza del made in Italy individuati”. L’elemento distintivo delle esportazioni italiane è rappresentato dal Made in Italy e dal settore delle 4A - Automazione, Abbigliamento, Arredocasa, Alimentari - i cui prodotti rappresentano le eccellenze dell’industria manifatturiera del nostro Paese e che ci assicurano posizioni di leadership a livello internazionale. Particolarmente significative le performance nell’export del macrosettore dell’automazione-meccanica, con le macchine e gli apparecchi e i mezzi di trasporto diversi dagli autoveicoli in primo piano, a loro volta sorretti da un’importante filiera metallurgica e dei prodotti in metallo. In particolare, nel 2011 il nostro surplus con l’estero nella meccanica non elettronica è stato pari a 66 miliardi di dollari, il terzo al mondo dopo quelli di Giappone e Germania. L’Osservatorio GEA-Fondazione Edison è costruito sull’indice delle eccellenze competitive Fortis-Corradini© che, grazie a un particolare algoritmo sviluppato dagli autori, è in grado di misurare con un grandissimo livello di dettaglio, il numero di prodotti in cui ciascun Paese è primo, secondo o terzo al mondo per surplus commerciale con l’estero. L’indice si basa sulle informazioni statistiche tratte dalla banca dati sul commercio internazionale dell’ONU e prende come riferimento i 5.517 prodotti della disaggregazione a 6 cifre della classificazione che suddivide in modo estremamente dettagliato il commercio internazionale. La mappatura degli scenari produttivi viene aggiornata annualmente dall’Osservatorio GEA–Fondazione Edison per quanto riguarda i dati complessivi e l’aggiornamento avviene a circa sei mesi di distanza dalla fine dell’anno. Viceversa, i dettagli delle singole categorie merceologiche e la classifica delle eccellenze nell’export possono essere aggiornati a circa 18 mesi dalla fine dell’anno, per via dei tempi necessari per la registrazione dei flussi doganali. “Per guidare le Aziende a scegliere i mercati esteri più idonei, nell’incontro di oggi abbiamo voluto dare spazio anche all’esperienza. Oltre alle analisi dei dati dell’export italiano, abbiamo anche pensato ad una parte più pragmatica, presentando gli errori più comuni che le Aziende commettono quando approcciano senza essere preparate un nuovo mercato – commenta Enzo Losito Bellavigna, Partner di GEA. – A tale proposito abbiamo individuato ‘sette peccati capitali’, ovvero quelli che più spesso le imprese commettono sia in termini strategici, di marketing e di prodotto, cercando di fornire, sulla base della nostra esperienza, dei ‘precetti’ per evitarli”. Defocalizzazione; pensare che un prodotto possa andar bene in qualsiasi mercato; dimenticarsi del servizio al cliente; acquisire attività sbagliate nel Paese giusto; approccio opportunistico; outsourcing della struttura distributiva; mancato coinvolgimento della struttura commerciale Italiana per sviluppare la rete nel Paese target: questi in sintesi gli errori più macroscopici che molto spesso commettono le aziende del nostro Paese quando partono alla conquista di un mercato estero. Si tratta di errori riconducibili a tre marco-aree (definizione della strategia, execution della strategia e organizzazione per lo sviluppo) che possono essere evitati non solo basandosi su attente analisi di mercato ma anche sulle esperienze maturate dai competitors anche di altri Paesi. Dall’Osservatorio Gea-Fondazione Edison è emerso che in fondo l’Italia – nonostante le carenze del sistema Paese – non solo è una delle 5 economie del mondo che vanta un surplus con l’estero per i manufatti non alimentari, ma nei 14 settori in cui si può suddividere il commercio mondiale, il nostro Paese è secondo solo alla Germania per competitività nel commercio estero. E il concetto è stato evidenziato e raccontato in un video di Giorgio Bellachioma, Senior Manager di Gea, che ha riassunto in un collage di immagini ad alto tasso emozionale le eccellenze produttive italiane e il loro posto nel mondo. “Il tessuto imprenditoriale diffuso tipico dell’Italia è un valore per il nostro Paese – conclude Carlo Marinoni, Senior Partner di GEA. – Non dobbiamo dimenticarci infatti che il 17,2% del PIL italiano proviene per buona parte dalle 675.000 imprese guidate da under 35, che sono cresciute di oltre il 10% dall’anno scorso a quest’anno. Non solo: secondo Unioncamere, al Sud il 33% degli under 35 è autonomo, mentre il dato nazionale è pari al 29%. Ciò dimostra che dove è più carente l’infrastruttura in senso generale, l’iniziativa del singolo si fa più strada, almeno per quanto riguarda le nuove generazioni”. Questi dati sono la prova che di fronte alla disorganizzazione diffusa siamo riusciti a sviluppare un’autonomia senza pari, grazie alla disciplina e all’entusiasmo della rete imprenditoriale sul territorio. In altre parole, se continueremo a focalizzarci solo sulle cose che non funzionano, senza avere una visione chiara ed oggettiva di ciò che ha valore, rischiamo di non capire dove concentrare gli sforzi, perdiamo la grinta a favore del disfattismo e soprattutto continueremo a trasmettere segnali scoraggianti, con pesanti impatti sui consumi interni e sui mercati finanziari.