Si tornerà a viaggiare per lavoro nel 2022? Sì, ma in modo nuovo rispetto a prima della pandemia, secondo BizAway, scaleup friulana attiva dal 2015 nel settore del business travel.
Luca Carlucci, co-founder e Ceo della società sostiene che “prima dell’avvento della pandemia e dei conseguenti lockdown, il percorso di transizione digitale era già avviato, ma negli ultimi due anni ha subito una forte accelerazione per adattarsi ai cambiamenti in atto in ogni ambito della vita, privata e professionale. Abbiamo assistito all’evoluzione dei modelli di business con l’introduzione del lavoro agile e con l’ampliamento e la semplificazione delle tecnologie di servizio per gestire le comunicazioni e i meeting. La digitalizzazione ha un impatto positivo anche sulla sostenibilità ambientale, grazie, per esempio, a strumenti di archiviazione digitale che possono aiutare a ridurre i documenti cartacei, grazie alla diffusione di pagamenti digitali”.
Una delle cause principali della riduzione dei viaggi di lavoro è stata la sostituzione dei meeting in presenza. Nel 2020 il mercato del business travel ha perso, a livello globale, 810.7 milioni di dollari: i due terzi degli aerei nel mondo sono rimasti a terra e 18 compagnie aeree hanno dichiarato la bancarotta, mentre i travel manager hanno dichiarato spese di viaggio pari al 5-15% rispetto ai livelli del 2019 (dati McKinsey). Eppure, il business travel, per il comparto del turismo, ricopre un ruolo strategico ed è per questo che la sua ripartenza è vitale: prima della pandemia, infatti, questo settore era responsabile del 70% del guadagno globale per gli hotel di fascia alta, oltre che di un valore compreso tra il 55% e il 70% dei profitti delle compagnie aeree, seppure i viaggiatori d’affari rappresentino solo il 12% dei passeggeri.
Per il momento si parla di una ripartenza tra restrizioni e libertà. Il WTTC (World Travel & Tourism Council) si attende per il 2022 una crescita media delle spese per il business travel del 34%, con particolare slancio nell’area Asia-Pacifico (41%), in America (35%), in Medio Oriente (32%) seguite da Europa (28%) e Africa (23%).
“Certamente questa ripartenza è rallentata da alcuni fattori come le continue restrizioni legate alla diffusione di nuove varianti o come l’impatto della digitalizzazione e la prevalenza dei meeting online”, spiega Flavio Del Bianco, co-founder e Cto di BizAway. “C’è poi un altro fattore determinante per le travel policy aziendali che è l’andamento delle vaccinazioni, che varia da Paese a Paese, passando da una percentuale inferiore al 10% in Africa a oltre il 90% negli Emirati Arabi, mentre in Europa siamo al 68,7%”.
Oltre al tasso delle vaccinazioni per Paese, un altro elemento che influirà sul modo di viaggiare e sulla valutazione del rischio complessivo sarà il riconoscimento comune di certificazioni come quella vaccinale o l’esito del tampone, che determineranno quali viaggiatori potranno accedere o meno a certe destinazioni.
“La strada per una ripresa completa è ancora lunga: gli esperti e l’OMS ipotizzano che la pandemia non scomparirà del tutto, ma che passerà a uno stato endemico. E questo significa che nel nostro settore dovremo convivere ancora con restrizioni e libertà”, conclude Luca Carlucci. “Malgrado i tempi difficili, BizAway fin da marzo 2020, ha deciso di non fermarsi ad aspettare che la situazione si sbloccasse, ma di viverla come un’opportunità per implementare le funzionalità della piattaforma. Abbiamo registrato una ripresa delle prenotazioni già da giugno 2020, grazie alla riapertura delle frontiere per poi vivere un nuovo calo a partire da novembre 2020, con l’introduzione di nuove restrizioni. In generale il 2020 si è concluso positivamente registrando aumenti nelle prenotazioni soprattutto degli hotel e dei trasporti domestici, che hanno registrato +56% rispetto al primo semestre dello stesso anno. Nel 2021, spinti dalle vaccinazioni di massa e dalla ripresa delle riunioni in presenza, BizAway ha visto una crescita media mensile in volume superiore al 35%”.