
È la paura la grande eredità lasciata dall’epidemia di coronavirus. Paura per il contagio e per le incertezze economiche che influiscono anche nella scelta di investimento degli italiani. È quanto emerge dal report Censis-Assogestioni “Il valore della diversità nelle scelte d’investimento prima e dopo il Covid-19”.
Il 67,8% ha paura per la salute e per la situazione economica familiare. È una paura diversa da quella del 2008 perché all’apprensione per il futuro finanziario si aggiunge il timore del contagio ed è una paura che riguarda un po’ tutti, anche quella fetta di popolazione tradizionalmente al riparo dai venti contrari.
Inoltre, lo studio sostiene che le entrate del 71% dei percettori di reddito non sono state intaccate dal coronavirus e che il lockdown ha aumentato ulteriormente il risparmio degli italiani, con un vero e proprio boom di liquidità.
A essere più impauriti sono comunque i millennial (72%), i residenti nel Sud e Isole (75%) e i percettori di redditi bassi, ma la paura dilaga anche tra imprenditori e liberi professionisti (76,4%). Lo stato d'animo dominante sulla situazione economica è l’incertezza per la metà degli italiani (49,7%), in aumento di quasi 8 punti rispetto al pre-Covid.
Quanto all’accumulo di risparmio favorito dai mesi di restrizione, il 39% degli italiani ha migliorato la propria capacità di risparmio con punte che sfiorano il 58% tra gli alti redditi.
Nel periodo della quarantena sono stati 28 milioni i percettori di reddito le cui entrate sono rimaste inalterate, ovvero pensionati, dipendenti pubblici, lavoratori del settore privato non in Cassa integrazione o congedo parentale, pari al 71,2% del totale.
Il report evidenzia come a uscire meglio dall’emergenza sanitaria sia stato chi ha avuto la sicurezza del reddito, non chi è abituato ad assumersi rischi. Solo il 24% di imprenditori e autonomi hanno percepito gli stessi redditi in quarantena, contro, ad esempio, il 68,5% dei dirigenti e direttivi.
Ma come si pensa di investire tutta questa liquidità?
Sui titoli di Stato ci si divide: il 44% li comprerebbe, il 51% no, il 5% è incerto.
Buona, la propensione all’acquisto di strumenti finanziari Esg: il 52,3% degli italiani si dice interessato a investirvi (68% tra i laureati e 70,2% tra dirigenti e i quadri).
Tra paure e incertezze, c’è, inoltre, un’impennata della liquidità. Il cash nei portafogli delle famiglie italiane è aumentato di 34,4 miliardi di euro nei tre mesi più neri dell’epidemia (febbraio-aprile): una cifra quasi uguale al valore del Mes per l’Italia, oggi al centro di tante discussioni.