
Nella classifica Ocse sulla mobilità sociale dei Paesi industrializzati l’Italia è il fanalino di coda. Da una generazione a quella successiva i figli non ereditano solamente i beni di famiglia, ma anche l’istruzione, il tipo di occupazione e di reddito.
Parliamo di eredità, perché nel resto della vita gli spostamenti sulla scala sociale sono molto ma molto scarsi, quasi inesistenti per chi già occupa i gradini più bassi. Insomma, l’ascensore sociale si è rotto, rilevano gli economisti dell’Ocse: ci sono “pavimenti appiccicosi” che impediscono alle persone di salire, ma anche “soffitti appiccicosi” dove si accumulano le opportunità che si tramandano di padre in figlio (meno frequentemente alle figlie). In mezzo le classi medie che vedono aumentare il rischio di scivolare in basso.
In termini di mobilità sociale assoluta, l’Italia è ultima, se si considerano quanti tra i 25-64 enni appartengano a una classe sociale diversa, più alta o più bassa, rispetto ai genitori nel 2002-2014. Solo uno su tre si è mosso verso l’alto (il 31%), quasi 10 punti sotto la media Ocse e lontano dal 42% di Francia, Germania, Svizzera, dal 46% dell'Olanda o dal 49% degli Usa.
Tenendo conto della scarsa mobilità delle retribuzioni da una generazione all’altra e del livello di disuguaglianza, in Italia ci vogliono almeno 5 generazioni per i bambini nati in famiglie con reddito basso per raggiungere il reddito medio, dato che in questo caso ci accomuna a Francia, Svizzera e Regno Unito. Ai bambini danesi, invece, bastano due generazioni per fare il salto sociale e ai norvegesi e agli svedesi tre.
La scarsa mobilità e i fattori che la determinano (e la hanno peggiorata nel tempo) sono chiaramente percepiti: oltre un terzo degli italiani pensa che avere genitori con un buon reddito sia un fattore fondamentale per avere successo nella vita e il 71% dei genitori italiani esprime la preoccupazione che i figli non raggiungano lo stesso status economico e di benessere che hanno raggiunto loro e lo considerano uno dei tre rischi maggiori a lungo termine.
Intanto, il meccanismo dell’ascensore sociale si inceppa dalla scuola, dalla primissima infanzia in poi. Due terzi dei bambini con genitori che non hanno un’istruzione superiore resteranno allo stesso livello contro la media Ocse del 42%. Solo il 6% tra di loro arriva alla laurea, meno della metà della media Ocse. L’Italia, nota il rapporto, ha fatto pochi progressi nell’aumentare la quota degli studenti che completano l’istruzione superiore e allo stesso tempo le lauree “pagano” poco come investimento: i laureati guadagnano in media solo il 40% in più rispetto ai diplomati di scuola superiore contro il 60% della media Ocse.
Sul fronte occupazionale, lo studio sottolinea che quasi il 40% dei figli di lavoratori manuali diventano a loro volta lavoratori manuali e solo il 18% arriva a professioni gestionali (uno dei dati più bassi dell’Ocse). Sul fronte opposto, il 40% dei figli di manager seguono le orme dei padri (per quanto negli altri maggiori Paesi le percentuali sono sul 50% o oltre) e solo il 10% si ritrova con un lavoro manuale. Il 31% dei figli di quanti hanno retribuzioni basse continua ad avere bassi salari, situazione che almeno in questo caso corrisponde alla media Ocse.
Movimenti generazionali a parte, la mobilità di reddito in Italia è sotto la media se si passa a considerare l’intero arco della vita di una persona: in Italia sono più scarse che altrove le probabilità di movimenti verso l’alto o verso il basso. Il 62% delle persone che appartiene alla fascia che include il 20% dei redditi più bassi vi rimane per 4 anni, 5,5 punti percentuali in più rispetto alla media Ocse. Il 42% subisce un periodo ricorrente di bassa retribuzione in questo periodo, percentuale leggermente superiore alla media Ocse.
Come favorire dunque la mobilità sociale? L’Ocse consiglia di affrontare le lacune negli investimenti nell’istruzione e nelle competenze, favorendo l’ingresso negli asili nido e all’istruzione terziaria dei giovani che provengono da famiglie disagiate e di introdurre misure per ridurre l’alto tasso di abbandoni scolastici. Va poi ridotto il dualismo del mercato del lavoro, combattendo la disoccupazione di lunga durata e aumentata la qualità dei servizi di re-inserimento forniti dai Servizi Pubblici all’impiego. Infine vanno migliorate le reti di sicurezza per le famiglie a basso reddito assieme a misure che evitino ai lavoratori che perdono il posto di cadere in povertà.