
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello osserva che per mantenere l’irrinunciabile diritto alla salute “La sanità pubblica ha un assoluto bisogno di assistenza complementare. In questa prospettiva va rapidamente avviato un nuovo modello di welfare “integrato”, con la convergenza nell'ambito di un unico soggetto giuridico di prestazioni pensionistiche complementari, integrative sanitarie e coperture dei rischi legati all'inabilità, spesso dipendente dalla senescenza, attraverso un'offerta diffusa di coperture di Long Term Care”.
Chiamata a ridurre il debito, non è infatti pensabile che l’Italia possa aumentare l’incidenza sulla spesa sociale che oggi rappresenta circa il 30% del Pil italiano. L’invecchiamento della popolazione comporterà l’aumento della domanda di sanità che già oggi fatica a trovare una risposta per tutti. Malgrado la presenza del Sistema Sanitario Nazionale, la componente di spesa sanitaria privata è oggi particolarmente rilevante (oltre 30 miliardi di euro, pari a circa il 23% del totale) ed è sostenuta in larga parte direttamente dai cittadini (82%), mentre il 13,9% è veicolato dai fondi sanitari integrativi e il 3,7% dalle assicurazioni private ramo malattia e ramo vita.
Secondo Sergio Corbello il peso della spesa sanitaria a carico delle famiglie italiane è alquanto iniqua “poiché ricade sui nuclei familiari che devono assistere un malato, con evidenti disparità tra chi ha disponibilità economiche sufficienti alle cure e chi no. Appare evidente che l’attuale sistema di welfare sia destinato a subire una mutazione genetica. Di certo, per mantenere l’universalità del sistema se non sarà possibile diminuire la percentuale di spesa privata sarà necessario “riqualificarla” passando dal concetto di spesa individuale a quello di spesa collettiva con quote di mutualità e solidarietà. Sono proprio le forme collettive di assistenza complementare lo strumento più idoneo, magari in abbinamento con la previdenza, per rispondere alle necessità di assistenza di lungo periodo e per garantire sostenibilità tecnica al sistema”.
Il vincolo imposto ai fondi sanitari di inserire una quota minima di risorse destinate a prestazioni esclusivamente integrative al SSN (socio-sanitarie e/o odontoiatriche) nella misura di almeno il 20% del totale, rappresenta un primo tentativo del Legislatore di orientare la Sanità complementare verso l’integrazione al servizio pubblico.