L’industria manifatturiera italiana tornerà a crescere nel 2014 (fatturato +1,5% in termini reali), per poi registrare ritmi di sviluppo superiori al 2% nel periodo 2015-18: in tutto il quinquennio si recuperano 80 miliardi di euro di fatturato (sui 180 persi tra il 2007 e il 2013).
È quanto emerge dall’85° Rapporto di analisi dei settori industriali curato da Prometeia e Intesa Sanpaolo. A tale risultato contribuiranno una ripresa delle esportazioni, la ripartenza degli investimenti delle imprese e l’inversione della dinamica del ciclo delle scorte. La domanda per beni di consumo beneficerà del bonus Irpef e dei bassi livelli raggiunti nei beni durevoli, ma rimarrà debole, condizionata dalle difficoltà sul mercato del lavoro.
Il ritorno alla crescita del fatturato consentirà l’avvio di un percorso di graduale miglioramento anche sul piano finanziario: il ROI, stimato nel 2013 al 3,4%, livello inferiore rispetto a quello già basso del 2009, dovrebbe riportarsi poco sopra il 4%, con un recupero frenato dal clima deflativo e dai livelli del tasso di cambio, che condizioneranno la possibilità di fissare prezzi remunerativi.
A partire dal 2015, e fino al 2018, il manifatturiero italiano potrà conseguire ritmi di crescita superiori al 2%, grazie alle attese di mantenimento di buone prospettive di domanda internazionale e ai miglioramenti che interesseranno il mercato domestico. Un tasso di cambio meno penalizzante e una domanda mondiale e interna più orientata verso prodotti di qualità consentiranno a un nucleo forte di imprese italiane di esprimere al meglio il proprio potenziale. Il ritmo di crescita atteso non sarà comunque sufficiente a colmare il gap nei livelli produttivi apertosi nel biennio 2008-09: nel 2018 il fatturato dell’industria italiana sarà ancora dell’11% inferiore rispetto al 2007, con una perdita di circa 100 miliardi di euro a prezzi costanti.
In un quadro di ritorno di attenzione nei confronti della produzione manifatturiera, con l’Unione Europea che punta a un peso dell’industria sul PIL del 20% al 2020, l’esame approfondito dei risultati degli ultimi difficili dieci anni fa emergere un ruolo da protagonista per l’Italia. Le trasformazioni registrate nell’ultimo decennio hanno ridotto la dimensione del nostro manifatturiero, che però è diventato più forte sotto diversi punti di vista:
- cresce la quota degli addetti nelle grandi imprese;
- vengono potenziate le funzioni manageriali e tecniche, mantenendo una significativa base produttiva formata da operai specializzati e artigiani;
- aumenta in modo consistente il livello qualitativo delle nostre esportazioni.
Rispetto agli altri paesi e nonostante gli sforzi di molte imprese di successo, il sistema economico italiano è sembrato più subire che governare la trasformazione che ha visto lo spostamento di interi settori produttivi verso i paesi emergenti, continuando a rimanere più chiuso all’arrivo di investitori internazionali. Al tempo stesso, il nostro sistema produttivo ha mostrato una minor capacità (al di là di alcune eccezioni settoriali) di allargare oltre confine le proprie filiere.