
L’82% dell’incremento di ricchezza netta registrato tra marzo 2016 e marzo 2017 è andato all’1% più ricco della popolazione globale, mentre a 3,7 miliardi di persone che costituiscono la metà più povera del mondo non è arrivato un solo centesimo.
A rilevarlo è il rapporto di Oxfam “Ricompensare il lavoro, non la ricchezza”, diffuso alla vigilia del meeting annuale del Forum economico mondiale di Davos.
Da marzo 2016 a marzo 2017, segnala lo studio, il numero di miliardari è aumentato al ritmo impressionante di 1 ogni 2 giorni. Su scala globale, tra il 2006 e il 2015 la ricchezza a nove zeri è cresciuta del 13% all’anno, 6 volte più velocemente dell’incremento annuo salariale, di appena il 2%, che ha riguardato i comuni lavoratori. Il reportsegnala che i due terzi della ricchezza dei grandi ricchi di tutto il mondo non deriva dal loro lavoro ma è ereditato o arriva da rendite monopolistiche, cioè sono il risultato di rapporti clientelari.
La diseguaglianza aumenta anche in Italia. A metà 2017 il 20% più ricco degli italiani deteneva oltre il 66% della ricchezza nazionale netta, il successivo 20% ne controllava il 18,8%, lasciando al 60% più povero appena il 14,8% della ricchezza nazionale.
La quota di ricchezza dell’1% più ricco degli italiani superava di 240 volte quella detenuta complessivamente dal 20% più povero della popolazione. Nel periodo 2006-2016 la quota di reddito nazionale disponibile lordo del 10% più povero degli italiani è diminuita del 28%, mentre oltre il 40% dell’incremento di reddito complessivo registrato nello stesso periodo è fluito verso il 20% dei percettori di reddito più elevato.Nel 2016 l’Italia occupava la ventesima posizione su 28 paesi Ue per la disuguaglianza di reddito disponibile.
Oxfam evidenzia che a livello globale con un terzo del volume dei dividendi versati nel 2016 agli azionisti dei 5 principali marchi mondiali dell’abbigliamento - 2,2 miliardi di dollari l’anno – sarebbe possibile garantire a 2,5 milioni di vietnamiti, impiegati nel settore dell’abbigliamento, un salario dignitoso.
Il costante incremento dei profitti di azionisti e top manager corrisponde a un peggioramento altrettanto costante dei salari e delle condizioni dei lavoratori.
Secondo gli analisti della confederazione internazionale di organizzazioni non profit, tra le ragioni principali di questa situazione ci sono la forsennata corsa alla riduzione del costo del lavoro che porta all’erosione delle retribuzioni e la colpevole negligenza verso i diritti dei lavoratori e la drastica limitazione del loro potere di contrattazione nel mercato globale. Tra le cause anche i processi di esternalizzazione lungo le filiere globali di produzione; la massimizzazione ad ogni costo degli utili d’impresa a vantaggio di emolumenti e incentivi concessi ai top-manager; la forte influenza esercitata da portatori di interessi privati, capace di condizionare le politiche.