Via libera da marzo al Tfr in busta paga, ma per le imprese è già un flop. Da sottolineare come manchi tuttora il decreto che definisca le modalità per definire questa opzione.
Secondo i dati della Confesercenti, raccolti attraverso a un sondaggio commissionato a Swg, ad oggi ne hanno fatto richiesta appena 6 lavoratori su 100, e solo un altro 11% vorrebbe farlo entro l’anno. La stragrande maggioranza (l’83%) lo lascerà invece accumulare nell’impresa in cui lavora, come avvenuto finora.
Secondo Confesercenti un quarto di quelli che hanno deciso di avere il Tfr su base mensile, “utilizzeranno la liquidità aggiuntiva soprattutto per saldare debiti pregressi”, mentre “solo il 19% lo impiegherà per acquisti di vario genere”. Quindi la spinta a favore dei consumi sarebbe depotenziata. Tra le principali ragioni della mancata adesione c’è il desiderio di non erodere il tesoretto da riscuotere a fine carriera, opzione indicata dal 58% di chi lo manterrà in azienda. Inoltre, fa notare sempre l’organizzazione delle Pmi, c'è anche “un rilevante 30% che dichiara di non avere approfittato dell’opzione per via dell’eccesso di fisco: il Tfr, se percepito in busta paga, viene infatti tassato con aliquota ordinaria, e non ridotta come quando viene preso alla fine del rapporto di lavoro”.