
Presentata a Torino l’Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2018 “Il risparmio e le assicurazioni: investimento e protezione del futuro”, un progetto del Centro Einaudi e di Intesa Sanpaolo.
I risultati sono stati analizzati e discussi da Salvatore Carrubba, Presidente del Centro Einaudi, Gregorio De Felice, Chief Economist di Intesa Sanpaolo, e Giuseppe Russo, Direttore del Centro Einaudi e curatore dell’Indagine.
Le conclusioni sono state affidate a Gian Maria Gros-Pietro, Presidente di Intesa Sanpaolo, che ha detto: “Continuiamo a essere un Paese con straordinarie potenzialità, capacità competitiva e manifatturiera. La ripresa è in atto, non è forte ma è strutturale. Per questo deve essere fortemente sostenuta perché, diversamente da altri a Paesi europei ,non abbiamo ancora recuperato la grave perdita provocata dalla crisi. Noi di Intesa Sanpaolo siamo il motore di crescita del Paese. Abbiamo erogato 52 miliardi di crediti a medio e lungo termine nel 2017 e credo che quest’anno faremo ancora di più. L’importante è che il Paese abbia fiducia nelle proprie possibilità. L’Italia ha bisogno di attrarre investimenti, ne abbiamo la capacità e abbiamo anche ottimo capitale umano”.
Secondo l’edizione di quest’anno del report, sale dal 61 del 2017 al 64% circa del campione la percentuale di chi dichiara di avere un reddito sufficiente o più che sufficiente per il suo tenore di vita.
Dall’Indagine svolta nel 2017 emergeva una ripresa lenta e incompleta dei bilanci di famiglia. La rilevazione del 2018 è più rassicurante: i segni della ripresa sono più diffusi tra le categorie del campione e interessano tutti i sottogruppi. Ben il 92% degli intervistati dichiara di provvedere autonomamente, senza ricorrere ad aiuti di terzi, al bilancio della famiglia; si dimezza dal 40 al 20% la quota di capifamiglia, non indipendenti finanziariamente, che afferma che il suo stato è causato dalla crisi.
Il saldo tra giudizi di sufficienza e insufficienza del reddito si porta a +55,6%, in progresso di circa 5 punti rispetto al 2017 (+51) e risulta quasi doppio rispetto al minimo toccato nel momento peggiore della crisi (+30).
L’area del non-risparmio, ossia delle famiglie che non hanno messo da parte alcunché nei dodici mesi precedenti l’Indagine, si contrae dal massimo storico del 61,3% degli intervistati nel 2012 al 52,7% nel 2018.
Specularmente, la percentuale di famiglie risparmiatrici si porta oltre il 47%, dal 43,4% del 2017. La propensione al risparmio (calcolata chiedendo agli intervistati quale percentuale del reddito abbiano risparmiato) risale lievemente al 12% del reddito, il valore più alto dal 2001.
Migliorano le aspettative sul tenore di vita. Dopo aver temuto per alcuni anni di non riuscire a sostenere il tenore di vita durante la vecchiaia, gli intervistati tornano a ritenere di potercela fare. Il saldo tra ottimisti e pessimisti sulla possibilità di sostenere il tenore di vita nella vecchiaia sale a +31,2%, in netto aumento sia sull’anno precedente (+19,1%), sia sul minimo toccato nel 2016 (+6,7%): il valore del 2018 è il migliore della serie storica a partire dal 2007. Solo il 21,7% delle persone con meno di 35 anni dichiara però di aver sottoscritto il 2° o il 3° pilastro pensionistico e avrà dunque una forma di integrazione della pensione obbligatoria. Tendono a prevalere negli italiani una certa passività nei confronti dei rischi collegati all’invecchiamento e la preferenza al “far da sé”: si provvede infatti da soli ad accantonare e investire il necessario per auto-assicurare i rischi legati alla vecchiaia.
Continuano invece a essere sottostimati i rischi. Gli intervistati appaiono in grado di stimare correttamente pressoché solo i rischi da furti e rapine in casa; risultano invece sottostimati tutti gli altri rischi, da quello degli incidenti automobilistici gravi a quello degli infortuni, all’invalidità nella terza e quarta età. Appare evidente dai risultati della survey anche una limitata capacità di formulare probabilità corrette associate a un semplice esperimento basato sul lancio di un dado; più di un terzo del campione tende inoltre a sopravalutare sistematicamente la fortuna alle lotterie.
Ad esempio, la salute è buona, ma poco assicurata. Il 15,5% del campione si è rivolto ai servizi sanitari privati nei dodici mesi precedenti l’intervista, ma solo il 2,8% l’ha fatto grazie a un’assicurazione o a una copertura mutualistica, mentre ben il 12,7% ha pagato di tasca propria (out of pocket). Inoltre, l’8,6% ha rinunciato a curarsi nei mesi precedenti il report. Il 46% di questi ultimi ha addotto una motivazione economica alla rinuncia. Oggi, la diffusione delle polizze sanitarie riguarda il 9,7% degli intervistati. Tenendo presente l’intenzione a sottoscrivere in futuro una polizza, appare latente una domanda potenziale pari a 1 nuova polizza ogni due sottoscritte. La sottoscrizione di queste polizze è direttamente correlata al livello del reddito.
Serenità e paura: il calcolo di un “indice di fragilità” rivela le differenze di esposizione ai rischi dei sottogruppi del campione. Il rischio più elevato e rilevante (citato dal 73% degli intervistati) consiste nel dover affrontare una malattia (in famiglia) cronica e invalidante. Al secondo posto una malattia cronica non invalidante (64%); al terzo la necessità di affrontare cure dentarie (60%).
Risarcire improvvisamente 1.000 euro impensierisce il 56% degli italiani, ma solo il 34% di quelli che incassano più di 2.500 euro al mese. Seguono, in ordine decrescente di valore del rischio, la necessità di affrontare un lungo periodo di inattività e di calo del reddito; la cura di sé o del proprio partner della vita nella terza e quarta età; la possibilità di mantenere il tenore di vita durante la pensione; la cura degli anziani (genitori, zii, nonni); la preoccupazione per un infortunio nel tempo libero.