Anche se le imprese statali rappresentano una quota minore delle acquisizioni condotte da imprese non Ue, risulta in forte crescita la proporzione di operazioni condotte negli ultimi anni da Russia, Cina ed Emirati Arabi Uniti, con un totale di 18 acquisizioni nel 2017, tre volte di più rispetto al 2007. È quanto emerge dal rapporto sugli investimenti diretti nella Ue pubblicato dalla Commissione europea.
Negli ultimi dieci anni c’è stata una continua ascesa della proprietà straniera, dovuta principalmente all’acquisizione di società quotate sempre più grandi. In termini di paesi di origine, i principali investitori “tradizionali” nella Ue - cioè economie avanzate come Stati Uniti, Svizzera, Norvegia, Canada, Australia, Giappone - restano prevalenti controllando ancora oltre l’80% di tutti i capitali di proprietà straniera risorse. Tuttavia, i dati del rapporto mostrano il chiaro emergere di nuovi investitori, allargando così il bacino dei Paesi di origine, con la Cina che si è distinta in termini di numero di acquisizioni recenti. Gli investimenti e le acquisizioni da paesi in via di sviluppo o emergenti sono tipicamente concentrati in un numero molto più limitato di settori.
In particolare, la proprietà straniera risulta notevolmente elevata in alcuni comparti chiave dell’economia, come la raffinazione del petrolio (67% del totale attivo del settore), i prodotti farmaceutici (56 percentuale), i prodotti elettronici e ottici (54%), le assicurazioni (45%) o il materiale elettrico (39%).
Un’altra chiara evoluzione è la finanziarizzazione degli investimenti esteri diretti: i fondi di investimento esteri e le società di private equity, hanno messo a segno un forte numero di acquisizioni, passando dalle 102 operazioni del 2007 alle 194 del 2017. Questo segmento è fortemente dominato dagli Stati Uniti, seguito dalle Isole Cayman e dalla Svizzera.