Giovedì scorso il gruppo Axa ha informato di aver avviato una procedura di transazione con l’80% dei ristoratori assicurati con copertura business interruption.
È un nuovo capitolo della controversa vicenda che tiene banco da mesi in Francia sui sinistri business interruption non pagati dagli assicuratori per i mancati guadagni dei ristoratori francesi durante il periodo di lockdown. In estate Axa aveva messo sul piatto 300 milioni di euro per 15.000 ristoratori, e ha dato loro tempo fino alla fine di settembre per avviare l’iter, prima di posticipare la scadenza al 15 novembre. L’offerta di Axa, che ha generato un utile netto di 4 miliardi di euro nel primo semestre del 2021, molto più che nel 2019 prima della pandemia, mira a coprire un importo equivalente in media al 50% delle perdite durante il lockdown.
Numerosi procedimenti giudiziari sono stati avviati contro il gruppo Axa (si parla di circa 1.500) perché si era rifiutato di risarcire i mancati guadagni dei mesi di chiusura, in quanto non previsto nei contratti la copertura in mancanza di un danno diretto. Incerti gli esiti delle sentenze dei Tribunali, anche se Axa ha più volte affermato la convinzione che i contratti non fossero destinati a coprire le perdite operative conseguenti ai lockdown. Questa offerta, peraltro ritenuta tardiva da alcuni osservatori, potrebbe essere vista come uno strumento per rilanciare la propria immagine, ma anche come un tentativo di dissuadere i più insoddisfatti a rinunciare a qualsiasi battaglia legale.