Nei primi nove mesi del 2021 sono fallite 6.761 imprese, in aumento del 43,6% rispetto a un anno fa, quando i fallimenti furono 4.709 e l’attività dei tribunali era ferma per effetto del Covid. Il dato risulta invece inferiore del 15,9% rispetto alla fase pre-pandemia, quando nello stesso periodo del 2019 a dichiarare fallimento furono 8.042 imprese.
È quanto risulta dall’Analisi Fallimenti aggiornata al 30 settembre 2021 realizzata da CRIBIS, società del gruppo CRIF specializzata nella business information.
“L’accelerazione dei fallimenti in questi primi nove mesi si deve principalmente all’entrata in vigore della moratoria e al rallentamento dell’attività dei tribunali, sospese durante i lockdown dello scorso anno a causa delle misure di contenimento della pandemia”, commenta Marco Preti, amministratore delegato di CRIBIS. “Nonostante la crisi e le difficoltà imposte dall’emergenza Covid-19, il tessuto imprenditoriale del nostro Paese sembra reggere il colpo”.
Nel terzo trimestre 2021 le aziende che hanno dichiarato fallimento sono state 1.806, il 12,7% in più a confronto con l’analogo periodo del 2020, ma in diminuzione del 22,4% rispetto a quello del 2019 e del 24,8% rispetto secondo trimestre 2021.
Le regioni che hanno fatto registrare la maggiore incidenza di fallimenti sul totale delle aziende attive sul territorio regionale sono nell’ordine Lazio, Lombardia, Toscana, Sicilia e Sardegna, mentre quelle con l’incidenza più bassa sono Trentino-Alto Adige, Molise, Friuli – Venezia Giulia e Calabria.
Per quanto riguarda i settori, fra gennaio e settembre 2021 è il commercio a far segnare il maggior numero di fallimenti (1.955), seguito dai servizi (1.659), dall’edilizia (1.235) e dall’industria (1.084).
Lo studio di CRIBIS ha analizzato anche i concordati preventivi, che nei primi 9 mesi di quest’anno sono stati 360: un dato in crescita del 20,4% rispetto all’analogo periodo del 2020, quando le procedure erano state 299, ma inferiore del 10,4% a confronto dei 402 concordati preventivi del 2019.