Secondo i risultati del Carbon Majors Report realizzato dalla CDP –Driving Sustainable Economy (organizzazione no profit che fornisce dati su investitori, aziende, città, stati e regioni), sono 100 aziende a produrre il 71% delle emissioni globali di carbonio, ovvero il principale agente di cambiamento climatico mondiale. Mille miliardi di tonnellate di CO2 si sono concentrate nell’atmosfera dal 1988 ad oggi, innalzando a ritmi molto veloci le temperature del globo.
Lo studio non fa che sottolineare come le possibilità di un cambiamento delle emissioni di carbonio siano concentrate in un piccolo numero di produttori di combustibili fossili.
Il 1988, assunto come base per i calcoli del dossier, è l’anno in cui è stato istituito il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico dell’ONU (IPCC). Da allora, oltre la metà della CO2 emessa in atmosfera può essere ricondotta ad appena 25 imprese private e statali.
La classifica dei grandi inquinatori vede ai primi tre posti China Coal, Saudi Aramco e Gazprom.
Se l’estrazione di combustibili fossili dovesse proseguire secondo i ritmi di oggi nei prossimi 28 anni le temperature medie saliranno di 4 gradi entro la fine del secolo. Una dinamica dalle conseguenze catastrofiche sulla vita del pianeta, con l’estinzione di numerose specie vegetali e animali e l’aumento delle carestie.
Se i privati sono i principali responsabili dell’effetto serra, è pur vero che un quinto delle emissioni globali è da imputare direttamente a investimenti pubblici. Un dato che dovrebbe far riflettere i governi, per portarli a ridurre allo zero queste cifre.