Gli investimenti socialmente responsabili (SRI, Socially Responsible Investments), a lungo definiti “etici”, sono oggetto di crescente attenzione da parte degli investitori previdenziali poiché, essendo meno esposti alla volatilità, cioè alle oscillazioni in alto e in basso delle quotazioni, rappresentano una delle possibili soluzioni al problema di contenere il rischio senza penalizzare il rendimento.
Sull’argomento, Assoprevidenza (Associazione Italiana per la Previdenza e l’Assistenza Complementare) ha organizzato a Roma, con il sostegno di Renovo e Vigeo Italia, il convegno “Gli investimenti etici dei Fondi Pensione” che ha visto la presenza di un gran numero di addetti ai lavori tra i quali il presidente della Covip, Rino Tarelli. “Fondi pensione e Casse di previdenza devono operare senza schemi ideologici – ha affermato Sergio Corbello, Presidente di Assoprevidenza – poiché il loro unico obiettivo è quello di impiegare le risorse nell’esclusivo interesse degli aderenti, senza perseguire finalità diverse. Tuttavia, nulla impedisce alle forme complementari di inserire tra i limiti dei diversi mandati ai gestori anche dei criteri di socially responsible investing per la scelta degli asset. In tal senso esistono già esperienze virtuose e non mancano operatori del mercato finanziario in grado di rispondere adeguatamente alle richieste delle forme pensionistiche”.
Nella composizione del patrimonio gestito dai Fondi Pensione italiani gli investimenti “etici” - che prendono in considerazione le conseguenze sociali e ambientali all’interno di un contesto di rigorosa analisi finanziaria, escludendo ad esempio titoli di società che producono armi, tabacco, alcool o che non rispettano i diritti dell’uomo – occupano ancora una posizione marginale. Eppure è stato dimostrato che l’utilizzo dei parametri SRI nella selezione degli investimenti è spesso in grado di mettere al riparo da una serie di rischi cui sono esposti gli investimenti tradizionali, e nello stesso tempo di garantire nel medio-lungo termine rendimenti soddisfacenti, anche superiori a quelli restituiti dagli investimenti che non considerano la responsabilità sociale.
In Italia il mercato dei prodotti finanziari etici è per circa il 90% retail (investitori privati) a differenza di quanto avviene in Europa dove il 94% è in mano agli investitori istituzionali (dati Eurif, European Sustainable Investment Forum). Secondo le risorse investite in Europa con criteri socialmente responsabili sono raddoppiate fra il 2007 e il 2009, raggiungendo i 5.000 miliardi di euro. Ma in Europa l’Italia è in coda alla classifica rappresentando circa il 2% del mercato europeo dei fondi socialmente responsabili. “Fondi pensione e Casse di previdenza – ha sottolineato Claudio Cacciamani, curatore dello studio di Assoprevidenza, sfociato nel volume dal titolo “Gli investimenti etici dei fondi pensione” - sono forse gli unici soggetti in grado di sostenere investimenti di lungo termine. La loro filosofia si coniuga perfettamente con la logica dell’investimento SRI, che non è speculativo, ma garantisce ritorni di rilievo in un orizzonte temporale di medio-lungo periodo, rispondendo in questo modo all’obiettivo di generare la massima valorizzazione delle risorse impiegate”.
Gianfranco Verzaro, Presidente del Fondo Pensione Gruppo BNL/BNP Paribas Italia, ha sottolineato la sensibilità al tema degli investimenti etici del Fondo: “Siamo convinti che ci sia assolutamente bisogno, a livello mondiale, di valorizzare le imprese e i Paesi che mettono sempre al primo posto della loro attività il rispetto della persona e tutto ciò che ad essa è collegato. Per questo, dal 2011, ci avvaliamo del supporto di Vigeo che analizza e valuta il livello di Responsabilità Sociale correlato al nostro portafoglio finanziario. Il rapporto che ci viene illustrato ogni anno ci consente di riflettere a fondo su eventuali criticità rispetto ai principi che ci siamo dato con il nostro Codice Etico”.
Secondo Stefano Arvati, Presidente di Renovo SpA, “la crescita dei fondi etici può svolgere un ruolo fondamentale non solo dal punto di vista finanziario, fornendo agli investitori istituzionali una sponda sicura in termini di remunerazione del capitale investito e di profilo di rischio coerente con i loro obiettivi di gestione, ma anche ricoprendo un ruolo vicario rispetto alla politica e al sistema bancario, garantendo la realizzazione di progetti a medio-lungo termine di sviluppo sostenibile volti a rilanciare il nostro Paese, valorizzandone le potenzialità ancora inespresse”. “Negli ultimi anni – ha aggiunto Simonetta Bono, Sales Manager di Vigeo Italia - si è affermata sempre di più in Europa l’attenzione agli aspetti sociali ambientali e di governance nei processi di investimento. Una tendenza che si sta diffondendo anche in Italia, favorita da un contesto normativo e da una maggior consapevolezza da parte degli investitori sull’importanza di integrare variabili extra finanziarie nelle scelte di portafoglio”.
Attualmente, le forme complementari non hanno alcun obbligo di investire secondo criteri di selezione etica, ma devono dichiarare “se e in quale misura” tengono in considerazioni aspetti ambientali, sociali ed etici nelle loro politiche d’investimento e nell’esercizio dei diritti di voto (D.Lgs. 252/2005, art. 6, comma 13, lettera c).
Sono i fondi pensione chiusi i soggetti più attivi su questo fronte, ma anche le altre forme complementari stanno ragionando sulla possibilità di adottare principi etici. Gli operatori del settore si attendono una rapida crescita degli investimenti etici, anche se vanno abbattute alcune barriere che ne frenano lo sviluppo, come la mancanza di uniformità di vedute sui parametri SRI da adottare.
Molte aspettative sono riposte nel decreto ministeriale (D.M. 703/96) che stabilisce i limiti degli investimenti dei fondi pensione. Il decreto è attualmente nelle mani del Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, con la speranza degli addetti ai lavori della previdenza che il provvedimento di cui si parla da oltre quattro anni possa finalmente essere approvato. “E’ auspicabile – aggiunge Sergio Corbello - che il nuovo decreto ministeriale 703/96 consegni alle forme complementari maggiore libertà di manovra in materia di investimenti, secondo un modello trasparente, affidando loro un ruolo più attivo nel controllo dei rischi e favorendo lo sviluppo del mercato finanziario attraverso l’ingresso di investitori istituzionali come le forme complementari nel mondo degli investimenti verso settori quali l’ambiente, la ricerca, l’innovazione, le infrastrutture, le energie alternative, il sostegno alle PMI”.