
Lo scenario delle assicurazioni italiane non quotate evidenzia una marcata arretratezza in materia di sostenibilità, parità di genere e trasparenza. A dirlo è una recente indagine condotta da Standard Ethics, agenzia di rating indipendente specializzata in tematiche ESG, che ha preso in esame diciotto compagnie assicurative italiane escluse dal mercato azionario.
Lo studio punta a valutare quanto queste realtà siano in grado di integrare la sostenibilità all'interno della propria governance, delle relazioni con stakeholder e delle strategie di investimento.
Il quadro emerso è tutt’altro che incoraggiante: soltanto due compagnie hanno raggiunto una reale parità di genere nei vertici aziendali, mentre cinque risultano del tutto prive di rappresentanza femminile negli organi apicali. Se è vero che tutte le compagnie analizzate pubblicano un Codice Etico o di Condotta, solo una minoranza — meno di un terzo — fa riferimento esplicito ai principali standard internazionali in materia di sostenibilità.
L’adozione di politiche ESG è ancora più sporadica: appena il 22% rende pubblica una policy ambientale, la stessa quota per diritti umani e parità di genere, mentre solo il 17% adotta una policy su diversità e inclusione. Del tutto assente la regolamentazione dell’uso dell’intelligenza artificiale.
La rendicontazione ESG viene fornita con una certa regolarità da poco più della metà del campione, ma soltanto l’11% pubblica valutazioni ESG esterne. A farne le spese è la coerenza delle strategie e della comunicazione in ambito di governance e gestione dei rischi ambientali e sociali. Alcune compagnie si sono attivate affidandosi a consulenti, ma il dialogo con agenzie specializzate resta un'eccezione più che la norma.
Il confronto con le assicurazioni quotate italiane — Generali, Revo e Unipol — mette ulteriormente in evidenza il ritardo del comparto non quotato, che si dimostra meno strutturato e reattivo. Tuttavia, rispetto a un’analoga indagine condotta sulle banche italiane non quotate, le assicurazioni mostrano una leggera superiorità nella pubblicazione di policy ambientali e sociali, pur continuando a restare indietro sul fronte dei target ambientali concreti e delle politiche di inclusione. Nel complesso, l’analisi restituisce un’immagine di un settore ancora troppo restio al cambiamento, dove la sostenibilità sembra più una dichiarazione d’intenti che una pratica consolidata.