Aviva ha affermato che la maggior parte delle sue polizze di Business Interruption non copre gli impatti derivanti da Covid-19 e ha stimato indennizzi per circa 220 milioni di euro legati all’emergenza pandemica. Ma nel Regno Unito continua a essere alta la polemica sul pagamento di queste polizze.
L’ultimo settore ad alzare la voce è il mondo dello spettacolo che protesta e accusa gli assicuratori di mettere in pericolo il futuro dei teatri britannici e non solo. Ciò che gli assicurati non riescono ad accettare è di aver pagato costose polizze per coprire il rischio di chiusura per eventi eccezionali, fuori dal loro controllo, salvo poi scoprire che il Covid-19 non rientra tra questo tipo di eventi. Ma a pagare il prezzo più alto all’emergenza sanitaria sono i settori del turismo e dell’hospitality. Quest’ultimo in particolare si è coalizzato e strutturato attraverso l’Hospitality Insurance Group Action (HIGA) che rappresenta una serie di imprese operanti nel settore dell’hospitality e sta raccogliendo le adesioni per un’azione collettiva contro le compagnie che hanno rifiutato i sinistri di business interruption causati da Covid-19.
Aviva è l’ultima delle compagnie coinvolte in questa controversia. Anche se ha già fatto conoscere la sua posizione, Aviva ha garantito il suo impegno a collaborare con la Financial Conduct Authority (FCA), per dare risposte certe e in tempi rapidi ai propri clienti. La FCA dovrebbe in tempi brevi esprimersi attraverso un parere legale per fare chiarezza su tutta una serie di termini controversi contenuti nelle polizze di business interruption.