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Calano gli investimenti delle imprese italiane per ridurre l’impatto ambientale

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Giovedì, 5 Dicembre, 2013 - 08:03
Autore: Gillespie

Le aziende italiane appaiono sempre più sofisticate e mature nel livello di verifica delle emissioni di CO2, ma nonostante questo impegno le emissioni non diminuiscono e gli investimenti mirati a ridurre le emissioni si focalizzano maggiormente su progetti di breve periodo. È quanto emerge dal rapporto CDP Italy 100 Climate Change Report 2013, pubblicato da CDP e Accenture. 

Nel rapporto di quest’anno, come per lo scorso anno, hanno risposto in modo volontario 46 delle 100 aziende più importanti in Italia che rappresentano oltre tre quarti del valore di capitalizzazione di mercato delle top 100 aziende quotate. Il CDP Climate Change Report è un’analisi condotta in più di 70 paesi volta ad identificare il livello dell’impegno delle aziende a ridurre il proprio impatto ambientale, basandosi su parametri comuni per tutto il mondo. CDP raccoglie complessivamente le informazioni per conto di 722 investitori istituzionali con più di 87,000 miliardi di dollari in asset, che utilizzano i dati come parte delle loro analisi di strategie e investimenti.

Secondo il rapporto italiano, prodotto per il terzo anno in collaborazione con Accenture e con il supporto di IMQ quale scoring partner, considerando lo stesso campione del 2012, il valore medio di disclosure aumenta di ben 10 punti arrivando ad un punteggio di 72 su 100 il che dimostra un approccio alla gestione del cambiamento climatico più strutturato. Ben 27 delle 46 aziende che hanno partecipato ha migliorato il proprio livello di disclosure (grado di completezza ed accuratezza delle informazioni fornite), inoltre sempre più aziende (26 rispetto alle 20 dello scorso anno) hanno definito strumenti di incentivazione legati alla riduzione delle emissioni di CO2. Un altro dato incoraggiante è rappresentato dall’aumento delle iniziative di riduzione delle emissioni rispetto allo scorso anno +22 % (da 180 a 221 iniziative), tuttavia accanto a questo aumento non corrisponde un incremento degli investimenti che calano del 25% (da 3600 mln€ a 2700mln €). Gli investimenti sono stati rivisti, focalizzandosi su investimenti di entità minore e con tempi di ritorno più brevi. Oltre la metà (60%) delle iniziative ha un tempo di ritorno degli investimenti entro tre anni, solo il 15% entro 10 anni.

“Ci sono business cases molto solidi che danno alle aziende uno stimolo per ridurre le loro emissioni. Gli investitori non sono più interessati solo a « se » ma a « come » i rischi e le opportunità relative al cambiamento climatico influiscono sulle aziende e come le stesse aziende gestiscano queste in modo effettivo” - dichiara Steven Tebbe, Managing Director, CDP Europe - “Le aziende devono rendersi conto che queste pressioni esterne comportano anche opportunità per diventare ‘capifila’ e cio’ comprende non solo risparmi tangibili nel breve termine, ma anche nella capacità di recupero a lungo termine anche nei ‘soft capital’ che possono essere acquisiti attraverso le azione messe in atto per il cambiamento climatico”.

“Gli investimenti messi in atto fino ad oggi seppure incoraggianti, non appaino sufficienti: è necessario che le strategie di business legate alla sostenibilità siano ulteriormente rafforzate per indurre azioni più concrete e di lungo termine” – dichiara Danilo Troncarelli responsabile Practice Sustainability di Accenture - “I consumatori devono esercitare sempre di più il loro potere di indirizzo “premiando” le aziende più virtuose, mentre gli investitori possono supportare in modo significativo queste aziende facilitando l’accesso al capitale e offrendo migliori tassi di interesse. Gli attori di governo, infine, devono supportare la costruzione di un sistema normativo stabile, che incoraggi e favorisca il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità in ciascun settore economico e, in ultima analisi, lo sviluppo di una società sostenibile” conclude Troncarelli.

Nonostante la crescita delle iniziative il report evidenzia difficoltà nell’ottenere concreti risultati in termini di riduzione delle emissioni. Considerando tutte le aziende rispondenti, le emissioni dirette di Scopo 1 ed indirette di Scopo 2 legate ai consumi di energia elettrica dichiarate sono diminuite, ma l’analisi di quest’anno suggerisce che la diminuzione annuale di emissioni Scopo 1 è causata da un cambiamento nella composizione degli intervistati piuttosto che da miglioramenti aziendali; allo stesso modo, la riduzione delle emissioni Scopo 2 è dovuta a un cambiamento del perimetro di rendicontazione e ad una riduzione degli output, non ad iniziative volte alla riduzione di emissioni. Infatti, le aziende rispondenti di quest’anno hanno segnalato una riduzione di solo 2.4 milioni tCO2 che equivale a meno dell’ 1% delle emissioni totali. Al contempo, le emissioni Scopo 3 (che riguardano tutte le altre emissioni indirette) sono aumentate, per una maggiore accuratezza nella rendicontazione.

Tra i Top Performer italiani, in cima al Climate Disclosure Leadership Index (CDLI), si conferma FIAT che con 99 punti su 100 è leader per il quarto anno consecutivo. Da segnalare Yoox Group che ottiene uno score di 90 e Snam che passa da uno score di 50 a 95. Il numero degli high scorer (le aziende che raggiungono più di 70 su 100) aumenta passando da 13 del 2011 a 27 di quest’anno.  Le aziende, inoltre, sono state valutate anche in base alla riduzione delle emissioni ottenute e delle strategie, e classificate in base ai diversi livelli di performance. I migliori risultati di performance sono inclusi nel CDP Climate Performance Leadership Index (CPLI). Quest’anno, le tre aziende che hanno ottenuto il più alto punteggio e sono quindi entrate nel Climate Performance Leadership Index (CPLI) sono Assicurazioni Generali, Fiat e Yoox Group.

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