
Secondo la Cassazione le assicurazioni stipulate in ambito sanitario non possono essere a tempo determinato, pertanto con la sentenza n. 10506/2017 ha stabilito che l'inserimento nel contratto della clausola claim's made è illegittima perché tende a coprire l'assicurato solo per un periodo ben definito.
Secondo i giudici, nel settore della sanità, questo tipo di clausola “è un patto atipico immeritevole di tutela in quanto realizza un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell’assicuratore, e pone l’assicurato in una condizione di indeterminata e non controllabile soggezione”.
La Claim's made è uno dei due regimi a cui può essere assoggettata una polizza di responsabilità civile verso terzi. Con questa clausola si assume che il sinistro venga attivato dalla richiesta di risarcimento che l’assicurato riceve, e pertanto le relative garanzie operano dal momento in cui tale richiesta è ricevuta. Di fatto con una polizza “claim’s made” il professionista potrebbe avere copertura assicurativa anche senza essere stato assicurato al momento della commissione dell’errore, purché sia assicurato al momento della richiesta di risarcimento danni. E il danno in sanità può essere evidente anche dopo diversi anni, lasciando senza copertura l’assicurato a vantaggio dell’assicuratore.
Secondo la Cassazione (sentenza n. 10506/2017) l’inserimento nel contratto della clausola claim’s made è illegittima perché tende a coprire l’assicurato solo per un periodo ben definito e i contratti di assicurazione stipulati in ambito sanitario non possono essere a tempo determinato.
Il caso specifico della sentenza si riferisce a un paziente operato in un ospedale di Milano, che aveva riportato lesioni, manifestate a distanza di tempo. In quel momento il paziente aveva chiamato in causa l’azienda ospedaliera per essere risarcito.
L’ospedale a sua volta ha chiamato in causa il proprio assicuratore che ha negato di essere tenuto al pagamento dell’indennizzo proprio per le clausole claim’s made dal momento che il danneggiato aveva chiesto i danni all’ospedale “dopo la scadenza della polizza”. In primo grado, il Tribunale di Milano nel 2010 aveva dato ragione all’assicurazione. Successivamente la Corte di Appello ha ritenuto la clausola vessatoria e condannato l’assicurazione al risarcimento. E ora la Cassazione (Sezione III civile - Sentenza 28 aprile 2017 n. 10506) ha respinto l’ulteriore ricorso dell’assicuratore.