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Che fine farà lo smart working?

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Mercoledì, 23 Marzo, 2022 - 08:30
Autore: Gillespie

A due anni dall’inizio della pandemia, come procede la trasformazione delle imprese? Come stanno reagendo dirigenti e lavoratori ai sostanziali cambiamenti che si sono presentati?

“Lavoro liquido: a che punto siamo tra Smart working e nuova governance”, è lo studio realizzato da Reverse - azienda internazionale di head hunting e consulenza HR – svolto sui lavoratori italiani, tra i 25 e i 60 anni, che hanno lavorato almeno parzialmente in smart working.

All’unanimità i lavoratori concordano nel voler adottare una soluzione di smart working ibrida e flessibile. I maggiori sostenitori di questa soluzione sono gli intervistati tra i 20 e i 30 anni, ma in generale tutte le fasce di età si trovano concordi sullo smart working fluido.

Tra le altre aree sono state esplorate: diritto alla disconnessione, lavoro per obiettivi, formazione, spazi di lavoro.

La questione della reperibilità dei lavoratori durante lo smart working è una tematica molto sentita sia da aziende che da lavoratori e ci si sta muovendo verso la sua regolamentazione.

Si tratta di un tema non semplice che raccoglie molti aspetti. Riguarda infatti sia le normative, sia la modalità di lavoro per obiettivi, sia la capacità dell'azienda di mantenere l'engagement dei propri collaboratori anche da remoto.

Il 45% dei lavoratori afferma che lavorando da casa ha sofferto molto per una maggiore richiesta di disponibilità̀ online.

Dai racconti degli HR Manager emerge un'azione decisa delle aziende per trovare la corretta gestione della reperibilità di chi lavora in smart working, mettendo in pratica azioni di diverso tipo come l'ufficializzazione dell'ampliamento dell’orario di reperibilità per chi lavora in smart working e una gestione autonoma dei team. Una regolamentazione è sentita come necessaria da entrambe le parti per evitare screzi e rendere il tutto più fluido e sicuro.

L'80% dei lavoratori sostiene che l’azienda dovrebbe partecipare alle spese sostenute da chi lavora da casa (es. connessione ad internet, postazione di lavoro, ....), mentre in netto contrasto il parere delle aziende intervistate la cui totalità non prevede di modificare il contratto includendo una partecipazione alle spese per chi lavora in smart working.

Il 56% dei lavoratori afferma che la propria azienda ha riprogrammato il lavoro su obiettivi per agevolare il lavoro da remoto.

Il 60% degli HR Manager intervistati afferma di aver introdotto o essere in procinto di introdurre modalità di lavoro per obiettivi in cui l’orario è fluido e non si timbra.

Inoltre, l'83% dei lavoratori afferma che lavorare anche solo parzialmente da casa ha reso possibile far convivere necessità professionali e vita in famiglia.

Percorsi di formazione mirata. L’82% dei lavoratori afferma che introducendo lo smart working, l’azienda deve porre maggiore attenzione ai percorsi di formazione.

Il 90% delle aziende intervistate afferma di avere istituito percorsi di formazione per i collaboratori su specifiche piattaforme online di e-learning o tramite webinar specifici a frequenza obbligatoria e, in alcuni casi, di aver avviato delle Academy online.

Sicuramente le imprese si stanno ancora organizzando per offrire una formazione ad hoc, però è bene considerare che i percorsi formativi offerti fino ad ora non incontrano a pieno le esigenze delle risorse.

Un altro tema esplorato da cui si evince che il 65% dei lavoratori afferma che le tecnologie hanno sopperito in modo soddisfacente alla diminuzione dei contatti personali.

Tag: 
Smart Working

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