
L’economia italiana conferma la sua debolezza. È quanto sostiene il rapporto Congiuntura Flash di Confindustria che sottolinea l’attuale fase di stagnazione. Nel 4° trimestre il PIL italiano è stimato “quasi fermo”, dopo il +0,1% registrato nel 3° trimestre: sia i servizi che l’industria restano deboli.
L’RTT index (CSC-TeamSystem) ha continuato a segnalare in ottobre una contrazione dell’attività nei servizi. Per l'industria qualche luce: il 4° trimestre si preannuncia tra luci e ombre dopo un 3° appena positivo (+0,2% il valore aggiunto, ma -2,1% tendenziale) e metà dei settori è in calo (tessile -11,3% tendenziale) e metà cresce (farmaceutica +10,4%).
L’inflazione italiana è scesa ancora a novembre (+0,7% annuo, da +1,7%), grazie a un andamento favorevole di tutte le componenti. I prezzi energetici calano di più (-24,4% da -19,7%), mentre continuano a frenare lentamente i prezzi alimentari (+5,8% da +6,3%) e anche quelli degli altri beni (+2,4% da +2,9%) e dei servizi (+3,7% da +4,1%). La misura core (+3,1%) è tuttora elevata.
A dicembre sono rimasti fermi i tassi di FED (5,50%, ultimo rialzo a luglio) e BCE (4,50%). Negli USA lo scenario delineato dai future è di un primo taglio a marzo 2024: ovvero, tassi ai massimi per 7 mesi. Nell’Eurozona i mercati si aspettano mosse simili, con tagli nel 2024. Il rischio che si decidano nuovi rialzi negli USA (e in Europa) non può essere escluso, ma il calo dell’inflazione lo ha reso meno probabile. Intanto, il BTP italiano è sceso di 0,95 punti dal picco di ottobre (il Bund di 0,65).
Il “caro credito” frena gli investimenti. A ottobre il costo del credito per le imprese italiane è salito ancora (5,46% in media, 5,95% per le piccole), ma si è attenuata la caduta dei prestiti (-5,5% annuo, dal minimo di -6,7%) e i prestiti in sofferenza si sono assottigliati per il secondo mese (19 miliardi). Le condizioni difficili del credito ne riducono l’uso per finanziare investimenti (-0,1%): quelli delle imprese in impianti e macchinari registrano il secondo calo di seguito (-0,9% nel 3° trimestre, -0,4% nel 2°), mentre quelli in costruzioni recuperano (+0,6% in fabbricati non residenziali, +0,4% in abitazioni).
Il lavoro non spinge i consumi. Con un’inflazione annua di 5,7% acquisita a novembre, non si vede una spinta del mercato del lavoro ai consumi delle famiglie: robusti nel 3° trimestre (+0,7%), in frenata nel 4° trimestre.
C’è una voce tra le componenti del PIL italiano (appena +0,1% tendenziale nel 3° trimestre 2023) che è andata molto bene nei primi nove mesi di quest’anno e sta sostenendo la dinamica complessiva: fa parte dell’export di servizi (+4,1%) ed è la spesa degli stranieri in viaggio in Italia, ovvero gran parte del valore economico diretto del turismo nel Paese. Il contributo degli stranieri al boom turistico è stato cruciale: a settembre 2023 è proseguita l’espansione della spesa dei viaggiatori esteri in Italia: +11,8% sul 2022 (a prezzi correnti); il record è stato toccato a luglio. Questa spesa, se comparata con i livelli pre-pandemia, mostra un +24,5% sul 2019. Che è solo in piccola parte dovuto all’aumento dei prezzi dei servizi turistici (circa +6% nel 2023). Complessivamente, a fine 2023 gli introiti dal turismo straniero arriveranno oltre i 50 miliardi di euro, superando ampiamente i 30 miliardi relativi al turismo italiano all’estero.
Il rilancio del turismo è compiuto in termini di livelli, ma il ritorno sulla traiettoria di crescita pre-pandemia potrebbe essere ritardato dalla fase di stagnazione che coinvolge l’economia italiana e mondiale. Decisivo sarà cogliere i cambiamenti in atto nel settore, che le imprese italiane sembrano aver ben individuato: preferenze dei viaggiatori più orientate ad esperienze di lusso (+57% nell’ultimo decennio il numero di alberghi a 5 stelle); nuove destinazioni e cambiamento climatico.