Nonostante le ricadute economiche negative della pandemia da Covid-19, i salari in Italia crescono anche nel 2020: è quanto emerge dal Salary Budget Planning Report di Willis Towers Watson.
Quest’anno le retribuzioni in Italia nel 2020 sono cresciute del 2,4% quasi esclusivamente per effetto dei vincoli contrattuali, anche le previsioni per il 2021 sono stabili a un 2,5% fisiologico, pari a quello degli ultimi tre anni che conferma una fase di rallentamento nel mercato del lavoro. Tenendo in considerazione l’incidenza del tasso di inflazione dello -0,2%, nel 2020 la crescita retributiva reale è stata del 2,6%, ma le previsioni per il 2021, con un tasso all’1%, sono di una leggera flessione: 1,5%.
Non c’è stato nessun effetto Covid-19 perché le aziende (oltre il 70%) avevano già pagato nuove retribuzioni e bonus 2020 nel mese di marzo. In linea con l’Italia anche Francia e Spagna, mentre in Regno Unito e Germania l’effetto ha iniziato a farsi sentire perché le previsioni di aumento del 3% pre-Covid sono state ribassate al 2,7% post-Covid.
Quest’anno le conseguenze più immediate si vedono sulla componente di merito che in generale è stata rivista al ribasso e per un’azienda su tre non è aumentata; nessuno ha ridotto il bonus ma il 50% delle aziende pensa di ridurre la componente compensation per tutta la popolazione aziendale, mentre l’altra metà si divide equamente tra chi pensa di limitare la riduzione al consiglio d’amministrazione o al top management.
Anche i valori per i diversi settori di attività, al netto del tasso d’inflazione, sono sostanzialmente omogenei, con la sola eccezione negativa ma attesa del Retail, che nel 2020 ha visto una crescita solo dello 0,5%, sebbene destinata a migliorare all’1,6% già nel 2021. L’anno prossimo invece il calo maggiore previsto è quello di Energia e Risorse Naturali, la cui crescita si contrarrà all’1,6% dal 2,3% attuale, mentre il balzo positivo lo farà il settore High Tech, che dal 2,5% balzerà a 2,9%.
Riguardo ai benefit legati alle differenti modalità lavorative determinate dalla pandemia, solo il 30% delle aziende in cui sono presenti dipendenti che devono recarsi sul luogo di lavoro ha previsto delle forme di compensazione aggiuntive rispetto al resto della popolazione aziendale: nel 45% dei casi si è trattato di una compensazione economica, l’opzione più diffusa, a fronte di un 27% che ha permesso maggiore flessibilità nell’orario di lavoro e di agevolazioni per i pasti, il trasporto o la cura dei figli, tutti al 9%.
“Diversi fattori hanno garantito e garantiranno la tenuta della crescita salariale quest’anno e il prossimo, ma non bisogna sottovalutare l’impatto del taglio della componente di merito. Il mercato del lavoro in Italia stava già vivendo una fase di stagnazione della crescita delle retribuzioni, che i tagli dovuti alla pandemia andranno ad acuire con possibili ricadute negative sulla motivazione e la produttività della forza lavoro” commenta Rodolfo Monni, Responsabile Indagini Retributive di Willis Towers Watson in Italia.
L’indagine è stata condotta su 15.000 aziende in 132 Paesi; in Italia ha interessato un campione di 269 aziende di medie o grandi dimensioni.