Si chiama “addressable tv” la pubblicità mirata sui cui le aziende statunitensi hanno investito 2,25 miliardi di dollari solo nel 2018, con un incremento del 79% rispetto allo scorso anno, con la prospettiva di diventare un terzo della pubblicità totale nelle trasmissioni audiovisive entro il 2022.
A rendere particolarmente allettanti gli spot della cosiddetta “tivù indirizzabile” è il fatto che non vengono trasmessi in modo uguale per tutti come avviene tradizionalmente, ma sono visualizzati dai telespettatori in modo personalizzato in base alla loro segmentazione (come l’ubicazione geografica, fasce d’età, sesso, etc.), ma anche ai loro gusti ed abitudini di consumo.
Un fenomeno destinato a vedere presto larga diffusione anche in Europa, dove attualmente circolano 44 milioni di televisori abilitati a ricevere questo tipo di pubblicità (HbbTv -Hybrid broadcast broadband TV), di cui quattro milioni solo in Italia, ed alcune emittenti operanti anche nel nostro paese hanno già iniziato ad avvalersene.
Tuttavia, secondo Federprivacy non mancano le perplessità. Nicola Berardi, presidente della principale associazione italiana dei professionisti della protezione dei dati, osserva che con le moderne smart tv “un quarantenne dirigente d’azienda può vedere uno spot che gli propone una costosa berlina full optional, mentre nello stesso momento un suo coetaneo operaio sintonizzato sulla stessa emittente può invece visualizzare una pubblicità su un’utilitaria economica. Le tecnologie basate sugli algoritmi e l’analisi dei comportamenti degli utenti utilizzate per la pubblicità su misura in televisione aprono criticità su vari fronti riguardanti i diritti fondamentali dell’individuo, con potenziali rischi di discriminazione e condizionamento delle opinioni personali, e non per ultimo sul rispetto della normativa sulla privacy”.
In base al Regolamento UE 2016/679 sulla protezione dei dati personali, quando l’utente viene profilato per potergli proporre spot pubblicitari su misura in base all’analisi del suo comportamento, dei suoi gusti e delle sue abitudini di consumo, deve esserne infatti informato preventivamente in modo trasparente ed essere in grado di esprimere in modo consapevole il suo consenso, con il diritto di revocarlo in qualsiasi momento con la stessa facilità con cui lo ha manifestato, sapendo quindi come fare e a chi rivolgersi, e nel caso reputi tale trattamento troppo invasivo, deve anche potervisi opporre.
È quindi necessario rispettare le regole del GDPR, anche perché le sanzioni per chi non rispetta la privacy degli utenti possono arrivare fino a 20 milioni di euro o fino al 4% del fatturato annuo globale dei trasgressori.