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Il settore assicurativo sta andando incontro a un inesorabile e progressivo invecchiamento dei suoi operatori. Secondo uno studio di McKinsey & Company però, a differenza di altre industrie le assicurazioni non godono di un turnover adeguato a sostituire i dipendenti che lasceranno il mercato.
Stando al report entro il 2018 il 25% dei risk manager e dei professionisti saranno alle soglie del pensionamento, mentre al giorno d’oggi quelli al di sotto dei 35 anni sono solo il 27% del totale (dati relativi al mercato statunitense, raccolti dall’U.S. Bureau of Labor Statistics).
Il problema principale tuttavia non è lo scarso ricambio generazionale in sé, bensì il fatto che con l’abbandono dei membri senior se ne andranno anni di competenze ed expertise maturate sul campo, che non sono compensate con programmi di formazione per le nuove leve. Da anni, infatti, il mercato assicurativo fatica ad attrarre i giovani talenti, e anche quelli che si dimostrano interessati non sono inseriti in progetti educativi. L’apprendimento tramite la pratica sarebbe invece fondamentale in questo settore, in cui ciò che si impara durante gli anni della formazione universitaria è piuttosto diverso (e meno complesso) dalle mansioni effettivamente svolte sul campo.
Secondo Michael Durovic, vice presidente esecutivo di Pharos Claims Service, sono ancora troppo poche le compagnie che permettono ai dipendenti (non solo i neo assunti) di crescere dal punto di vista professionale tramite iniziative mirate alla formazione aziendale. Il problema non è da sottovalutare in quanto nel corso del tempo la gestione dei reclami si è fatta sempre più complessa – il contesto normativo si è arricchito di nuove leggi e anche dal punto di vista legale i contenziosi sono più complicati. Sarebbe invece utilissimo creare occasioni di formazione e condivisione come per esempio testimonianze da parte di figure importanti dell’industria, conferenze, programmi di mentoring, eventi di networking e corsi di aggiornamento. Il focus insomma dovrebbe essere quello dell’in-house training.
Le compagnie sono le prime a pagare le conseguenze di questo approccio passivo nei confronti dei dipendenti, soprattutto quando si trovano a competere non per i clienti ma per assumere i pochi individui altamente qualificati e competenti che il mercato offre.