Per molte aziende italiane il peggio è ormai passato, nonostante “la crisi associata alla pandemia sia stata molto profonda e concentrata in alcuni settori di attività”, si legge nel rapporto annuale dell’Istat pubblicato pochi giorni fa.
Solamente a maggio e a novembre 2020, sostiene l’Istat, “oltre il 30% delle imprese percepiva il rischio di chiusura nel breve termine, ma già a novembre 2021 questa quota si è ridotta al 3,4%”. Il report dell’Istat evidenzia come a fine 2021 a paventare il rischio chiusura “era il 12% delle imprese dei servizi ricreativi. In questo comparto, e nelle attività di alloggio e ristorazione la quota sale al 30%, se si includono le imprese che percepiscono solo parzialmente tale rischio”.
La crisi ha penalizzato di più le imprese di minori dimensioni: oltre il 30% di quelle con 3-9 addetti ha ridotto la propria capacità produttiva rispetto al 2019, solo il 6,5% l’ha aumentata (e appena il 2% nei servizi ricreativi). Tra le imprese più grandi (50 addetti e più), meno del 15% ha perso capacità produttiva mentre oltre il 22% l’ha accresciuta.
“Gli interventi pubblici di sostegno hanno permesso a oltre il 40% delle imprese di ricorrere a finanziamenti garantiti dallo Stato nella prima fase della crisi”, segnala l’Istat aggiungendo che “circa il 20% delle imprese”considera questa possibilità “molto rilevante per il proseguimento dell’attività”.
Un effetto positivo dell’emergenza sanitaria - in Italia e negli altri paesi avanzati - è stata “l’accelerazione nell’utilizzo delle tecnologie digitali. Le tre aree di digitalizzazione più influenzate dalla pandemia sono state quelle del lavoro da remoto (o agile), del commercio elettronico e della digitalizzazione dei processi aziendali, inclusa l’automazione”. A gennaio 2020, in media, lavorava da remoto circa il 3,7% del personale delle imprese con almeno tre addetti mentre tale incidenza è salita al 19,8% nel bimestre marzo-aprile 2020 per giungere, a fine 2021, a un livello di diffusione medio più che doppio. In particolare sono state le grandi imprese (almeno 250 addetti) del Nord-ovest a utilizzare più intensivamente questa modalità nel settore privato.