Nel maggio del 2020 durante la prima ondata pandemica Antonio Huertas, presidente di Mapfre, si lasciava andare a un’amara considerazione: “È triste vedere i nostri edifici praticamente vuoti. Hanno bisogno di riprendere vita e che i mormorii, i rumori di fondo, gli squilli dei telefoni tornino ad accompagnare la nostra quotidianità”.
Expansión, quotidiano economico leader in Spagna, racconta che per tenere alto il “morale delle truppe” durante il periodo più delicato dell’emergenza sanitaria, il numero uno di Mapfre organizzava ogni 15 giorni degli incontri virtuali con i suoi dipendenti e in tutto questo periodo ha registrato su propri profili social oltre 40 video motivazionali.
Oggi, la sede madrilena dove lavorano 2.700 persone ha ormai ripreso la sua tradizionale vitalità, come tutti gli altri uffici della compagnia. Attualmente, oltre il 90% degli 11.000 dipendenti di Mapfre è già stato reintegrato in ufficio. Praticamente tutti, tranne i più vulnerabili, sono tornati alla vecchia scrivania, ma secondo modalità diverse rispetto a prima. La pandemia ha forse cambiato per sempre anche la struttura del mondo del lavoro. Ad esempio, il 45% dei dipendenti lavora in ufficio e il resto della forza lavoro è a rotazione settimanale o in telelavoro.
Insomma, un modello ibrido che include lavoro in presenza, rotazioni e telelavoro e che secondo Mapfre aumenta la motivazione, l’impegno, la produttività e l’efficienza dei dipendenti.