
Il lungo periodo di emergenza sanitaria potrebbe avere tra i suoi effetti anche quello di accelerare il cosiddetto fenomeno delle “culle vuote”. Lo si rileva dalla documentazione consegnata da Istat nell’audizione sul Def davanti alle commissioni Bilancio di Senato e Camera.
L’Istat scrive che “i 435 mila nati in Italia nel 2019 e i 428 mila che si erano ipotizzati per il 2020 alle condizioni pre-Covid-19, dovrebbero scendere a circa 426 mila nel bilancio finale del corrente anno, per poi ridursi a 396 mila, nel caso più sfavorevole, in quello del 2021. In generale, il superamento al ribasso del confine simbolico dei 400 mila nati annui, che originariamente nelle previsioni Istat del 2019 sarebbe avvenuto solo nel 2032 nell’ipotesi più pessimistica (senza per altro essere mai contemplato fino al limite delle previsioni, 2065, nell’ipotesi mediana) alla luce delle nuove simulazioni sembra invece possibile qualora si realizzasse un rapido raddoppio del tasso di disoccupazione, quand'anche seguito da un ritorno ai valori precedenti il marzo 2020 secondo un percorso di rientro spalmato nell'arco di circa un biennio”.
Sempre l’Istat sottolinea come le donne sono presenti in molti dei settori a medio-alto e alto rischio in termini di esposizione al virus. In particolare, le donne rappresentano “il 30,1% degli occupati nei settori considerati a basso rischio, il 50,9% nei settori a rischio medio-basso, il 59,7% nei medio-alto e il 67,3% in quelli considerati maggiormente rischiosi. Nel 2019, il 64,4% del personale impiegato nell'assistenza sanitaria e l'83,8% di quello operante nell'assistenza sociale non residenziale sono donne, entrambi settori posizionati al livello di rischiosità più elevato”.
Nei settori considerati a basso rischio, gli uomini rappresentano il 62,9%, contro il 37% delle donne.