
Il Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti avrebbe proposto una scissione di alcune divisioni di Google per chiudere l'azione legale per monopolio nei motori di ricerca. Lo scorso 5 agosto, un tribunale federale statunitense ha emesso una sentenza che ha riconosciuto Google colpevole di violazione della legge antitrust, avendo “creato un monopolio” che le ha permesso di “consolidarsi come il più grande motore di ricerca al mondo”.
Dopo mesi di indagini approfondite, il giudice aveva stabilito che il colosso tecnologico ha sfruttato la sua posizione dominante sul mercato in maniera illegale scoraggiando i concorrenti dall'innovare e investire. Inoltre, ha accertato che, anche se gli utenti possono cambiare il motore di ricerca predefinito, lo fanno raramente essendo impostato come predefinito su moltissimi dispositivi e piattaforme. Ora, secondo un documento depositato in tribunale e visionato dal Financial Times, il Dipartimento di Giustizia Usa sta “prendendo in considerazione misure correttive e strutturali” che impedirebbero al gigante del web di utilizzare prodotti come il browser Chrome, l'app store Play e il sistema operativo Android per ottenere vantaggi sui competitor o sui nuovi arrivati. I procuratori potrebbero anche cercare di costringere Google a condividere i dati di ricerca degli utenti con i rivali, limitando così la sua capacità di utilizzare questi dati per addestrare nuovi modelli di intelligenza artificiale generativa.
“Per oltre un decennio, Google ha controllato i canali di distribuzione più popolari, lasciando ai rivali pochi o nessun incentivo a competere per gli utenti”, si legge nel documento del Dipartimento di Giustizia. “Per rimediare completamente a questi danni è necessario non solo porre fine al controllo di Google sulla distribuzione di oggi, ma anche garantire che non possa controllare la distribuzione di domani”. Per i procuratori, sono quattro le aree dove l'azienda deve lavorare per ristabilire una concorrenza equa: la distribuzione della ricerca e la condivisione dei ricavi, la generazione e la visualizzazione dei risultati di ricerca, la scala e la monetizzazione della pubblicità, la raccolta e l'uso dei dati. Google, in risposta, ha definito le proposte “radicali e ampie”, affermando che possono rappresentare una minaccia per “i consumatori, le imprese e la competitività americana”.