
Con sentenza n. 6319 la Cassazione blocca di fatto il proliferare di polizze vita unit linked (Ramo III) sbilanciate sulla componente finanziaria.
Si tratta di polizze in parte assicurativa e in parte finanziaria dove la prima componente è quasi esclusivamente formale. A differenza delle polizze a gestione separata, le unit linked non garantiscono infatti un rendimento minimo e neanche il consolidamento annuale dei risultati di gestione. Si tratta di polizze che investono in Fondi dall’andamento variabile e non in obbligazioni o mercati monetari a bassa volatilità.
Nel mirino della Suprema corte è finito Life Portofolio Italy, un prodotto di Credit Suisse, in cui la copertura per l’evento morte era pari allo 0,1 % del controvalore delle quote investite (e per un ammontare non superiore a 15mila euro). Vista l’assoluta irrilevanza della controprestazione per l’evento morte, mancava la previsione di un rischio demografico tale da poter qualificare il contratto come assicurazione sulla vita. A distanza di soli 9 mesi dalla firma, il risparmiatore aveva perso il 50% del capitale investito (oltre 1 milione di euro) a causa del crack Maddoff (oltre la metà del Fondo interno era investito in prodotti coinvolti nel default). Avanzata la richiesta di nullità del contratto, prima il Tribunale e poi la Corte di Appello di Torino l’avevano respinta affermando che “il rischio demografico, tipico di una assicurazione sulla vita, può anche essere minimale, atteso che il capitale dipende dalla performance del fondo”.