Intrum – il principale operatore europeo dei servizi credito - ha pubblicato l’edizione 2022 dell’European Payment Report (EPR), documento arrivato alla sua ventiquattresima edizione, basato su un’indagine condotta simultaneamente in 29 Paesi europei.
Alla ricerca hanno partecipato oltre 11.000 aziende europee, di cui oltre 800 italiane rappresentate dal top management e da esperti della materia all’interno dei dipartimenti finanziari.
La priorità principale per le imprese (nel 55% dei casi in Europa e nel 58% in Italia) rimane la crescita del business, anche attraverso nuova finanza (nel circa il 40% dei casi sia in Europa che in Italia). Tuttavia, prevedendo che il costo del denaro continuerà ad aumentare, le imprese nel 59% dei casi si dicono più caute rispetto ai piani di finanziamento e di spesa.
Nel quadro delineatosi emerge che – dopo anni contraddistinti dagli impatti negativi della pandemia, ormai completamente risolti per il 5% degli intervistati e sulla via della conclusione entro l’anno per il 60% – le imprese devono far fronte a nuove criticità, in primis l’aumento dell’inflazione combinato ad un periodo di bassa crescita, mix che rischia di dare origine al fenomeno della cosiddetta stagflazione.
Nel 51% dei casi le imprese italiane ed europee si dicono preoccupate dal possibile rallentamento nello sviluppo dell’attività dovuto agli impatti negativi dell’aumento generalizzato dei prezzi e hanno preventivato in circa il 30% dei casi l’avvio di piani di controllo dei costi atti a preservare i margini. Inoltre il 50% degli intervistati italiani (il 55% in Europa) sostiene che non vi sono le premesse per soddisfare le richieste di aumento dei salari da parte dei dipendenti che a loro volta devono fronteggiare il calo del potere d’acquisto.
Infine il 53% di esse (quasi il 60% in Europa) afferma che il citato andamento inflattivo potrà incidere negativamente sulla capacità di pagare in tempo i fornitori e ritiene che le difficoltà nel pagamento dei fornitori potranno aumentare nel corso dell’anno.
Nonostante questo, stando a quanto emerso nel report, solo il 18% delle imprese (in linea con la media europea) si affida a gestori del credito: si può dedurre che ad un peggioramento nella gestione degli incassi atteso per l’anno in corso le imprese potranno decidere di rivolgersi maggiormente ad operatori al fine di ridurre le tempistiche di incasso, proteggendo così i propri flussi di cassa.
Per circa il 60% delle imprese intervistate, i pagamenti puntuali sono cruciali per alimentare la crescita di prodotti e servizi e, in circa la metà dei casi, per rispettare i piani di assunzione di nuovo personale.
Inoltre circa il 60% delle imprese italiane (il 53% in Europa) vorrebbe migliorare la gestione dei ritardi nei pagamenti, ma riscontra numerose difficoltà anche a causa della carenza di figure adeguatamente formate e competenti sia al proprio interno che sul mercato del lavoro; il report evidenzia quindi il cosiddetto mismatch tra domanda ed offerta di figure adatte a ricoprire ruoli chiave in azienda, fenomeno attuale e ampiamente documentato anche in Italia.
Anche i sistemi finanziari e amministrativi obsoleti impediscono alle imprese italiane (nel 52% dei casi rispetto a 46% in Europa) una gestione agile dei ritardi negli incassi.
L’efficacia nella gestione del credito da parte dei principali operatori del mercato è garantita anche da recenti investimenti in tecnologia e analisi di big data che risulterebbero antieconomici per le singole aziende.
Dalla ricerca emerge altresì che la puntualità dei pagamenti è centrale anche nell’ambito ESG (environmental, social and governance): il 67% delle imprese italiane ritiene che sia cruciale per costruire e mantenere il necessario rapporto di fiducia con i fornitori e ritengono che le tempistiche di pagamento dovrebbero far parte dei KPIs rendicontati nell’ambito del reporting di sostenibilità. Circa il 70% degli intervistati ritiene che le imprese più grandi abbiano la responsabilità nei confronti della società di garantire pagamenti puntuali ai fornitori più piccoli. In ogni caso la presa di coscienza delle imprese in ambito ESG non riguarda solamente il rispetto dei termini di pagamento. Il 64% degli intervistati italiani (in linea con la media eurpea) ha dichiarato di aver accelerato in modo significativo i propri sforzi per diventare più sostenibile, requisito oggi fondamentale per continuare a presidiare i vari mercati di riferimento: nel 48% dei casi (39% in Europa) i clienti hanno chiesto loro conto delle prestazioni ambientali. Infine il 45% delle imprese, in linea con la media europea, afferma che la continuità aziendale nel prossimo decennio potrebbe essere a rischio se non si riuscisse a gestire al meglio l’impatto del cambiamento climatico anche in termini di sfide della transizione verso un’economia verde.