In Italia la spesa sanitaria complessiva, pubblica e privata, è di circa 3mila euro pro capite. Quella intermediata si ferma a circa 308 euro. Aumentare la quota di spesa intermediata è fondamentale per favorire l’accesso a prestazioni a prezzi sostenibili ed evitare che la salute diventi un diritto per pochi.
“L’invecchiamento della popolazione e le grandi transizioni in corso pongono nuove esigenze di protezione e cura della persona”, ha dichiarato il segretario generale First Cisl Riccardo Colombani nel corso dell’Insurance Day, l’evento dedicato al mondo delle assicurazioni che il sindacato ha organizzato la scorsa settimana a Roma. Nei prossimi anni il ruolo delle assicurazioni è quindi destinato a crescere. L’indice di dipendenza degli anziani, già oggi al 38%, salirà al 57,4% nel 2040 e al 63,5% nel 2050. È evidente che, accanto al servizio sanitario nazionale, deve crescere il peso della sanità integrativa (oggi al 3% del totale), anche in chiave di Long Term Care, finora marginale nella composizione della spesa privata, all’interno della quale la spesa diretta da parte delle persone (out of pocket) gioca un ruolo preponderante (23,1% del totale della spesa sanitaria). Aumentare la quota di spesa intermediata è fondamentale per favorire l’accesso a prestazioni a prezzi sostenibili ed evitare che la salute diventi un diritto per pochi”. In Italia si stimano al 2021 in 15,6 milioni le persone iscritte a fondi sanitari, casse di assistenza e società di mutuo soccorso, per una spesa totale di 4,8 miliardi, che nel 2023 è salita fino a 5,2 miliardi, un incremento comunque modesto. “Nel complesso – ha concluso Colombani - la spesa pro capite, tenendo conto sia della sanità pubblica che di quella privata, è di circa 3mila euro. Poiché la spesa intermediata risulta di circa 308 euro pro capite, è evidente che vi sono per la sanità integrativa grandi spazi di crescita. Sotto questo aspetto è fondamentale la contrattazione integrativa e il ruolo delle parti sociali”.