La pesante crisi degli ultimi anni si è fatta pesantemente sentire anche in termini di investimenti pubblici.
Secondo una analisi dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre se dal 2005 al 2015 gli investimenti sono crollati del 20%, negli ultimi 8 anni, dal 2009, punta massima di crescita registrata prima della crisi, la contrazione è stata addirittura del 35%. Tradotto in cifre significa che sono stati bruciati investimenti per 18,6 miliardi di euro.
Nessun altro indicatore economico, sostiene la Cgia, ha registrato una caduta percentuale così rovinosa. Se rispetto al 2016 abbiamo leggermente invertito la tendenza, nella Nota di aggiornamento del Def presentata nelle settimane scorse si evince che nel 2017 l’ammontare complessivo della spesa per investimenti del settore pubblico si dovrebbe attestare a quota 35,5 miliardi di euro.
“Gli investimenti pubblici – ha sottolineato il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – sono una componente del Pil poco rilevante in termini assoluti, ma fondamentale per la creazione di ricchezza. Se non miglioriamo la qualità e la quantità delle nostre infrastrutture materiali, immateriali e dei servizi pubblici, questo Paese è destinato al declino. Senza investimenti non si creano posti di lavoro stabili e duraturi in grado di migliorare la produttività del sistema e, conseguentemente, di far crescere il livello delle retribuzioni medie”.
“Ricordo,– ha aggiunto – che il crollo avvenuto in questi ultimi anni è stato dovuto alla crisi, ma anche ai vincoli sull’indebitamento netto che ci sono stati imposti da Bruxelles che, comunque, possiamo superare, se, come prevedono i trattati europei, ricorriamo alla golden rule. Ovvero alla possibilità che gli investimenti pubblici in conto capitale siano scorporati dal computo del deficit ai fini del rispetto del patto di stabilità fra gli stati membri”.