La crisi continua a farsi sentire e a pesare sui conti delle famiglie. Secondo uno studio realizzato dall’Andi (Associazione nazionale dentisti italiani) sono circa 6 milioni e 300 mila gli italiani che rinunciano a prestazioni odontoiatriche per ragioni economiche e rispetto al periodo pre-crisi si registrano oltre 1 milione di visite in meno a pagamento in un anno. Inoltre il 44% dei dentisti oggi lavora meno del tempo a disposizione e, tra questi, il 95% indica come motivo il calo di pazienti. Di questo si è parlato sabato scorso a Cernobbio in un workshop dedicato all’Economia in odontoiatria organizzato dall’Andi.
Secondo Stefano Micelli, docente di Economia aziendale all’università Ca' Foscari di Venezia, le riduzione degli accessi alle cure odontoiatriche non è solo l’effetto della crisi ma dipende anche da una mutazione nelle scelte dei consumatori che preferiscono investire il proprio denaro in alcuni beni e servizi, come ad esempio uno smarthphone di ultima generazione, piuttosto che nelle cure dentistiche.
Si aprono quindi grandi opportunità per la sanità integrativa che rappresenta lo strumento più idoneo per fornire tutela odontoiatrica con soluzioni praticabili senza correre il rischio di lasciare il campo a soluzioni low cost, con prestazioni a costi bassi non sempre garanzia di qualità. Lo ha spiegato Francesco Maietta, responsabile delle Politiche sociali del Censis, evidenziando come la sanità integrativa stia rispondendo bene alla necessità “di fare odontoiatria di qualità”, come dimostrano i dati: 6 milioni di iscritti, 11 milioni di assistiti, circa 300 mutue iscritte all’anagrafe presso il ministero della Salute. Ma ci sono anche 8,9 milioni di cittadini che, secondo lo studio, si dichiarano favorevoli a destinare parte del proprio reddito a forme di sanità integrativa, mentre 9,8 milioni si dichiarano favorevoli all’introduzione di assicurazioni obbligatorie con opportune deduzioni.