
A pochi giorni di distanza dall’approvazione del cosiddetto AI Act da parte del Parlamento europeo, Changes Unipol ha pubblicato una ricerca realizzata in collaborazione con Ipsos per osservare il rapporto degli italiani con l’Intelligenza Artificiale. Dai dati dello studio emerge che il 44% degli italiani ritiene che la legge europea sull’Intelligenza Artificiale sia la soluzione più efficace per prevenire gli effetti negativi della nuova tecnologia.
Lo studio evidenzia inoltre, come la possibile disinformazione generata dall’AI sia un aspetto che preoccupa gli italiani in maniera diffusa (65%). Gli ambiti che potrebbero risentire maggiormente della disinformazione sono la sicurezza (false minacce/allarmi: 34%), seguita dall’economia (28%) e dalla politica (27%).
Oltre alla disinformazione, le preoccupazioni degli italiani sull'utilizzo dell'AI si concentrano sul lavoro, con l'87% che ritiene ci sarà almeno uno svantaggio, in primis la perdita di posti di lavoro (39%) e la chiusura delle imprese artigianali (32%); sulla protezione dei dati personali (che peggiorerà secondo il 34%); sulla sicurezza digitale (che peggiorerà per il 32%) e sulle condizioni climatiche (che peggioreranno secondo il 28%). Contestualmente dallo studio emerge che secondo gli italiani l'AI porterà miglioramenti principalmente nella digitalizzazione della pubblica amministrazione (52%), nel vivere esperienze culturali (50%), nel fare shopping (48%), negli spostamenti e mobilità (46%), nella precisione e velocità delle diagnosi mediche (46%).
Il 70% afferma di avere una conoscenza almeno di base dell’Intelligenza Artificiale, sebbene soltanto il 12% dichiari di averne fatto uso. Una percentuale, quella dell’utilizzo, che sale fino al 21% nel caso della Generazione Z e tende poi a decrescere con l’età: i Millennials l’hanno usata nel 12% dei casi, la Generazione X nell’11%, mentre soltanto il 5% dei Baby Boomers ha avuto occasione di provare l’AI.
L’utilizzo più frequente dell’AI risulta essere quello della creazione di contenuti testuali (nel 40% dei casi), ma è consueto anche l’uso per attività personali o creative (34% dei casi), ricerca e studi accademici (27%) e per l’automazione di compiti domestici (24%). Si ferma invece al 23% la quota di chi ha indicato un uso in ambito lavorativo.