
Il riscaldamento del pianeta è una realtà che comporta notevoli rischi anche per il nostro Paese. Se complessivamente oggi le aree siccitose coprono oltre il 41% della superficie terrestre e vi vivono circa 2 miliardi di persone, il 21% del territorio italiano risulta essere a rischio desertificazione. Il 41% del quale si trova al Sud.
Un quadro decisamente preoccupante quello descritto nei giorni scorsi da Mauro Centritto, direttore dell’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del CNR - Consiglio nazionale delle ricerche, nel corso della conferenza “Siccità, degrado del territorio e desertificazione nel mondo”.
“In Sicilia – ha spiegato Centritto - le aree che potrebbero essere interessate da desertificazione sono addirittura il 70%, in Puglia il 57%, nel Molise il 58%, in Basilicata il 55%, mentre in Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50%. Uno scenario inquietante, che non lascia spazio a dubbi sull’urgenza di azioni strategiche per arginare o mitigare i cambiamenti climatici. Entro la fine di questo secolo le previsioni parlano, per il bacino del Mediterraneo, di aumenti delle temperature tra 4 e 6 gradi e di una significativa riduzione delle precipitazioni, soprattutto estive: l’unione di questi due fattori genererà forte aridità. Paradossalmente, mentre per mitigare i cambiamenti climatici sarebbe sufficiente cambiare in tempo la nostra politica energetica, per arrestare la desertificazione questo non sarà sufficiente, poiché il fenomeno è legato anche alla cattiva gestione del territorio. Le conseguenze di quest’inadeguata gestione sono sintetizzate nella espressione inglese Dust bowlification, da dust, polvere, e bowl, conca. È un concetto differente dalla desertificazione, giacché anche i più estremi deserti sono comunque degli ecosistemi (le aree aride includono il 20% dei centri di biodiversità e il 30% dell’avifauna endemica), mentre le conche di polvere sono un punto di non ritorno”.