La pandemia ha offerto maggiori occasioni agli hacker per compiere le proprie attività criminali, di pari passo con un uso più intenso del web da parte di una platea allargata di utenti.
Secondo l’Osservatorio Cyber di CRIF, rispetto al primo semestre del 2020, nella seconda metà dell’anno sono cresciuti del 56,7% gli utenti italiani che hanno ricevuto un avviso di un attacco informatico ai danni dei propri dati personali. In particolare, il dato si riferisce agli alert relativi a informazioni ritrovate sul dark web (un insieme di ambienti web che non appaiono attraverso le normali attività di navigazione in Internet e necessitano di browser specifici o di ricerche mirate), che risultano quasi il doppio di quelle rilevate sul web pubblico.
Nel complesso, gli account legati ai siti di intrattenimento (soprattutto giochi online e di streaming) restano quelli maggiormente esposti alla sottrazione di dati personali (il 51,5% dei casi totali).
“I dati dell’Osservatorio cyber ci sensibilizzano sul livello di vulnerabilità dei dati di privati e imprese. L’utilizzo del digitale ha visto un’accelerazione dovuta in buona parte alla pandemia, ed è entrato nelle abitudini di acquisto e di utilizzo dei servizi di molte persone. Al contempo diverse imprese hanno avviato l’attività di offerta dei propri prodotti e servizi mediante e-commerce, dovendo così necessariamente avviare un sito web e gestire ordini online. Come tutte le novità non bisogna però sottovalutare i rischi collaterali e che sono per molti totalmente nuovi”, spiega Beatrice Rubini, executive director di CRIF.
L’Italia è uno dei Paesi più colpiti
Scorrendo la classifica dei Paesi maggiormente colpiti dal fenomeno del furto di email e password online si osservano ai primi posti USA, Russia, Francia e Germania, seguiti dal Regno Unito e dall’Italia, che occupa il sesto posto assoluto. Completano la top 10 Polonia, Repubblica Ceca, Giappone e Brasile.
Un’altra area di indagine dell’Osservatorio Cyber è quella dedicata alla classifica dei continenti più soggetti a scambio di dati illeciti di carte di credito. Questa graduatoria è guidata dal Nord America, seguito da Europa e Asia, ma con un notevole distacco dalla prima in classifica. In fondo alla classifica troviamo Africa e Oceania. Tra le singole nazioni maggiormente coinvolte troviamo in vetta gli Stati Uniti, seguiti da Francia e Brasile, che completano il podio, mentre l’Italia occupa l’undicesima posizione.
“Le vittime sono tipicamente uomini, nel 65,6% dei casi, di età compresa tra 41 e 60 anni, con quasi il 54% del totale. Indubbiamente ci sono comportamenti che possono utilmente mitigare i rischi. Per esempio, lato consumatori un punto di attenzione è rappresentato dalle modalità con cui definiamo e gestiamo le password legate a diversi account e l’attenzione con cui rispondiamo a e-mail, messaggi o telefonate. Lato imprese, che hanno un sito web o un sito di e-commerce, è invece importante assicurarsi sistemi di protezione ma anche intercettare tempestivamente le possibili vulnerabilità derivanti da configurazioni di servizi o software non aggiornati”, aggiunge Rubini.
I dati che circolano sul dark web
Secondo quanto risulta dall’Osservatorio, inoltre, nel secondo semestre 2020 i dati personali che prevalentemente circolano sul dark web, e pertanto sono più vulnerabili, risultano essere le password, gli indirizzi email individuali o aziendali, gli username, i numeri di telefono. Questi preziosi dati di contatto potrebbero essere utilizzati per cercare di compiere truffe, ad esempio attraverso phishing o smishing. Non mancano però scambi di dati con una valenza finanziaria, come carte di credito e IBAN.
Risulta ancora più interessante osservare le combinazioni principali tra i dati intercettati sul web. Quasi sempre le email sono associate ad una password (nel 96,3% dei casi), mentre calano significativamente i casi in cui i numeri di telefono appaiono insieme alle password (-52%).
Se quelli ritrovati sul dark web sono per la maggior parte account email personali, si nota però una certa accelerazione sul fronte delle violazioni sugli account business, che nel giro di 6 mesi hanno visto un incremento del +27,8%.
Relativamente ai dati delle carte di credito, quasi sempre oltre al numero sono presenti anche cvv e data di scadenza (nel 98,6% dei casi) e nel 20,8% dei casi si ritrovano anche il nome e cognome del titolare.
Le password più utilizzate
Secondo un’analisi delle password rilevate sul dark web, al primo posto della top 10 delle password più utilizzate nel secondo semestre 2020 si trova “123456”, seguita da “123456789” e da “qwerty”.
Si tratta pertanto di combinazioni di numeri e lettere molto semplici, facilmente intercettabili da parte degli hacker. D’altro canto, l’utilizzo di queste password molto basiche rivela la poca esperienza o la pigrizia di una parte di utenti del web, che spesso non seguono le più elementari regole per proteggersi da eventuali intrusioni, ad esempio scegliendo password lunghe e diverse per ogni account importante, con combinazioni di lettere, numeri e simboli privi di legami con informazioni personali.
Sarebbe inoltre importante che gli utenti attivassero, dove possibile, l’autenticazione a due fattori per evitare che gli hacker possano entrare negli account anche avendo scoperto login e password, così come sarebbe consigliabile prestare la massima attenzione all’utilizzo delle reti WiFi pubbliche, dove anche la password più sicura potrebbe essere intercettata, e ai rischi connessi alla memorizzazione delle credenziali su computer pubblici o condivisi.