
Il terzo Monitoraggio annuale di Ivass sui rischi da catastrofi naturali e sulla sostenibilità – presentato nel Rapporto 2025 e basato su dati quantitativi al 31 dicembre 2023, arricchiti da aggiornamenti qualitativi raccolti a fine 2024 – restituisce un quadro chiaro e allarmante: il cambiamento climatico continua a colpire duramente il settore assicurativo, ma aumenta la consapevolezza e si moltiplicano le azioni per affrontarne gli effetti.
Il rapporto ha un obiettivo preciso: costruire un sistema informativo solido e aggiornato sui rischi ambientali, sociali e di governance (ESG), a supporto della stabilità finanziaria e delle strategie di adattamento climatico. Il monitoraggio si concentra su tre direttrici principali: l’integrazione dei fattori ESG nella governance e nella gestione del rischio, l’impatto crescente dei rischi fisici – come eventi climatici estremi e terremoti – sulle coperture assicurative, e l’esposizione ai rischi di transizione legati agli investimenti in settori vulnerabili.
La fotografia - scattata su un campione di 89 imprese (85 italiane e 4 extra UE) che rappresentano l'85% del mercato assicurativo italiano – mostra segnali incoraggianti sulla qualità dei dati: disponibilità e accuratezza delle informazioni su rischi naturali e investimenti ESG sono in netto miglioramento rispetto al 2022. Più compagnie (il 61,3%, contro il 57% dell'anno prima) usano stime sofisticate per rischi specifici come inondazione, grandine, tempesta e terremoto, mentre cala la fastidiosa voce “dati non disponibili”.
Sul fronte governance, il treno ESG è ormai partito: un solido 93% delle compagnie ha già integrato i fattori di sostenibilità nella propria governance o ha programmi concreti per farlo a breve.
Ma è la contabilità del disastro a far sobbalzare. La raccolta premi dedicata ai rischi catastrofali ha toccato i 2,8 miliardi di euro nel 2023, un balzo notevole rispetto agli 1,8 miliardi del 2018, con l’80% di questa cifra concentrato sulle coperture per i rischi climatici “acuti” come inondazioni, tempeste e, soprattutto, grandine. Questi soldi arrivano quasi interamente dalle polizze “incendio e altri danni ai beni” (per proteggere case e fabbricati) e dal segmento “altre assicurazioni auto”.
La vera bomba, però, è esplosa nel capitolo dei danni: gli oneri per sinistri e le spese a carico delle compagnie hanno superato i 7 miliardi di euro nel 2023, una cifra mostruosa se paragonata alla media di 1,5-2 miliardi registrata tra il 2018 e il 2022. “L’aumento è dovuto soprattutto agli eventi climatici di intensità eccezionale che hanno interessato aree metropolitane ad alta copertura assicurativa”, spiega il rapporto. La grandine si conferma il nemico numero uno, rappresentando oltre il 60% dei premi raccolti per i rischi climatici e addirittura oltre il 70% dei sinistri pagati. Anche il terremoto fa registrare un +14,6% nei premi raccolti (385 milioni di euro nel 2023). Significativo notare che quasi i tre quarti (74,6%) di questa raccolta catastrofale sono concentrati nelle mani dei primi cinque colossi assicurativi.
Guardando al futuro e agli investimenti, il settore mostra di voler fare la sua parte nella transizione ecologica. Il 67% degli investimenti totali delle compagnie è già indirizzato verso imprese che hanno obiettivi chiari di decarbonizzazione. Tuttavia, non mancano le esposizioni delicate: circa 64 miliardi di euro (il 6,4% del portafoglio totale) sono investiti in settori potenzialmente vulnerabili ai rischi di transizione, di cui ben 10 miliardi sono direttamente nel settore dei combustibili fossili, “a rischio di maggiori perdite nei prossimi anni”.
Le assicurazioni italiane si confermano anche un pilastro del green financing, detenendo circa l’8% (14 miliardi di euro) delle obbligazioni verdi emesse dal settore privato, con una netta preferenza (38,3% del loro portafoglio green) per le obbligazioni emesse proprio dal settore finanziario e assicurativo.