L’emergenza sanitaria si è trasformata in una crisi socio-economica senza precedenti, con un calo del Pil per l’Italia stimato per il 2020 a -10,8%.
Si tratterebbe del terzo anno peggiore da oltre 150 anni che riporta il valore assoluto del Pil ai livelli del 1996. In questo scenario, il rapporto debito pubblico/Pil potrebbe raggiungere livelli da “economia di guerra” (158,9%) ovvero un solo punto percentuale in meno rispetto al picco storico registrato durante la Prima Guerra Mondiale.
Molto pesanti anche le ricadute occupazionali: nei primi 6 mesi del 2020 sono stati persi oltre 800mila posti di lavoro rispetto allo stesso periodo del 2019, di cui 677mila a tempo determinato (80%), 416mila nella fascia tra 15 e 34 anni (50%). Il 44% di questi posti di lavoro persi sono al Nord, il 17% al Centro e il 39% al Sud.
A fronte degli impatti economici dell’epidemia, aumentano quindi anche i bisogni di protezione da parte dei cittadini e il ruolo del sistema di welfare diventa più centrale che mai, in quanto strumento di mitigazione degli impatti della pandemia. Sono queste alcune delle cifre che emergono dall’edizione 2020 del rapporto del think tank “'Welfare, Italia” sviluppato da Unipol con The European House – Ambrosetti.
Nell’immediato è la sanità ad essere l’area più colpita, mentre nel breve-medio termine è necessario rafforzare le politiche sociali per proteggere la continuità lavorativa e nel medio-lungo termine anche la previdenza sarà messa sotto pressione.
Si stima, infatti, che il Covid-19 abbia generato, fino a settembre 2020, un incremento della spesa sanitaria di oltre 1,5 miliardi di euro per le sole strutture ospedaliere.
La Cassa integrazione guadagni rischia di superare quota 3.500 milioni di ore, con un costo complessivo stimato pari ad oltre 25,6 miliardi di euro, mentre tra 550mila e oltre 740mila persone in più potrebbero usufruire della Naspi, con un costo per lo Stato tra 5,5 e 7,0 miliardi di euro all'anno. Più in generale, le politiche sociali necessiteranno nell’anno di risorse stimate per oltre 40 miliardi di euro e sarà cruciale che parte di queste risorse possano provenire anche da quelle oggi destinate alla previdenza, che in Italia rappresenta la componente del welfare con il peso più alto d’Europa.
Nel Rapporto Annuale di Welfare Italia è stato inoltre calcolato, per la prima volta nel 2020, il Welfare Italia Index, strumento di monitoraggio dell’efficacia e della capacità di risposta del sistema di welfare nelle Regioni italiane, basato su 22 Key Performance Indicator misurabili di aspetti legati sia alla spesa in welfare sia ai risultati che questa spesa produce.
La P.A. di Trento (83,4 punti) registra lo score più elevato, seguita dalla P.A. di Bolzano (80,5 punti) e dall’Emilia-Romagna (75,9 punti). In una scala tra 0 e 100 vi sono oltre 28 punti di differenza tra le due estremità del ranking. Inoltre, le ultime 8 Regioni appartengono tutte all’Italia Meridionale e Insulare e la migliore di queste – ovvero la Sardegna (14° con 64,2 punti) – dista circa 20 punti dalla prima.
Carlo Cimbri, amministratore delegato di Unipol, e presidente della controllata UnipolSai, ha così commentato il Rapporto: “In Italia sulle politiche sociali si dovrebbe fare l’opposto di quanto fatto durante la fase iniziale della pandemia, con interventi a pioggia e 600 euro per tutti. Il bonus è andato anche ai nostri agenti, per fare un esempio, che non erano in un momento di soglia di povertà. I bonus rappresentano risorse statali spese male”.