
Non sarà la procura di Torino ma quella di Milano a decidere sul futuro di Carlo Cimbri. L’amministratore delegato di UnipolSai rischia infatti di essere mandato a processo per aggiotaggio nell’ambito dell’inchiesta che prova a ricostruire gli intrecci dietro alla fusione tra il gruppo assicurativo bolognese e l’ex galassia della famiglia Ligresti (Fondiaria Sai, Premafin e Milano Assicurazioni).
È quanto deciso dalla Procura generale presso la Cassazione dopo che il difensore di Cimbri, Ermenegildo Costabile, aveva sollevato la questione di competenza territoriale per il caso che, oltre a Cimbri, riguarda altre sei persone tra cui Pierluigi Stefanini, presidente del gruppo Unipol. L’ipotesi accusatoria è che nel complesso matrimonio tra i due gruppi sarebbe stato falsato il valore di concambio a favore della compagnia bolognese. In particolare, i concambi sarebbero stati alterati con l’effetto di incidere sui rapporti di forza tra gli azionisti: per l’ipotesi accusatoria il valore del gruppo Unipol sarebbe risultato più alto alla luce di una valutazione troppo positiva degli immobili e dei prodotti strutturati in pancia alla società. Valori e informazioni diffusi attraverso la piattaforma Nis utilizzata da Borsa Italiana per divulgare le comunicazioni obbligatorie delle società quotate.
Per la Suprema Corte, l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza e le argomentazioni della dottrina “convergono unicamente” nel ritenere che il posto in cui si è commesso il presunto illecito “debba individuarsi a Milano, in quanto luogo dal quale la comunicazione fu diffusa al mercato diventando accessibile ad una cerchia indeterminata di soggetti, e quindi assumendo quella necessaria connotazione di concreto pericolo per gli investitori che il reato intende sanzionare”, si evidenzia nel decreto.