
La corte federale di Washington ha aperto il processo avviato dal governo degli Stati Uniti contro Google, accusata di aver abusato della posizione dominante del motore di ricerca.
Il procedimento, che si presume possa durare circa tre mesi, chiamerà in causa un gran numero di testimoni per stabilire se è corretta la tesi dell’Antitrust americana, secondo cui Google avrebbe pagato i maggiori produttori di smartphone per inserire di default il proprio motore di ricerca nei loro dispositivi.
Il processo vede schierati il governo federale e una trentina di Stati e territori che puntano il dito verso Google, accusata di aver creato illegalmente un monopolio, al punto che in tutto il mondo si utilizza il termine “googolare” come sinonimo di ricerca su internet.
Il caso rappresenta una battaglia legale storica perché stabilirà o meno i confini entro cui i giganti della Silicon Valley possono muoversi nel mondo digitale. Il processo potrebbe avere riflessi non solo su Google ma su tutti i Bit Tech, i cui prodotti fanno parte della vita online di miliardi di persone.
Se Google dovesse uscire sconfitta, sarebbe costretta a ristrutturare il suo sistema, rivedere i profitti e aprire a una concorrenza più larga. Ci sarebbe un impatto anche sull'uso dell'intelligenza artificiale, che andrebbe incontro a nuove limitazioni, perché non riproduca di nuovo un sistema di monopolio.
Nel caso, invece, dovesse vincere in tribunale, la compagnia avrebbe strada libera e il governo ne uscirebbe ridimensionato nei suoi poteri di controllo. L'Antitrust ne uscirebbe ridimensionato.
Il processo arriva venticinque anni dopo quello storico, e il primo che riguardò il mondo digitale, avviato nei confronti di Microsoft, accusata nel 1998 di monopolio per aver inserito di "default", in automatico, nel suo sistema operativo Windows il motore di ricerca Explorer.