“I tassi di interesse artificialmente bassi in molte economie sviluppate rappresentano una sfida per tutti gli investitori, sia istituzionali che individuali. Oltre ad ottenere nell’attuale contesto un rendimento reale molto contenuto - o addirittura negativo - sul debito sovrano, gli investitori corrono anche il rischio di realizzare perdite in conto capitale quando le banche centrali ricominceranno ad aumentare i tassi. Sebbene non ci aspettiamo che questo avvenga nell’immediato, i risultati della nostra indagine globale RiskMonitor evidenziano che gli investitori di tutto il mondo hanno ben presenti i rischi connessi alla politica monetaria accomodante e gli effetti potenzialmente negativi che l’inizio del ciclo restrittivo potrebbe avere sui loro portafogli”: è il commento di James Dilworth, CEO di Allianz Global Investors Europe.
I risultati rivelano che il 59% dei rispondenti è consapevole dello stimolo fornito dalle politiche monetarie accomodanti di molte banche centrali alla crescita del Pil a breve termine, ma sul fronte delle conseguenze negative, una percentuale quasi analoga indica l’aumento dell'inflazione (57%), del rischio sistemico (55%) e l’impatto sul risparmio previdenziale (54%). Il 68% dei rispondenti afferma che negli ultimi cinque anni i rischi derivanti dalla politica monetaria accomodante nei paesi sviluppati hanno fatto notevolmente aumentare il rischio di distorsioni dei prezzi sui mercati obbligazionari.
I tassi di interesse in aumento ed il tail risk sono considerati i rischi principali che le istituzioni dovranno affrontare per conseguire i propri obiettivi finanziari nei prossimi tre anni. A livello globale, un investitore su quattro ha descritto l’aumento dei tassi come "rischio elevato” ed il 30% come “rischio considerevole”. Allo stesso modo, il 20% degli intervistati indica il tail risk come rischio elevato o considerevole.
Sebbene il livello del rischio di default percepito per il debito sovrano sia sensibilmente diminuito in Europa, il 27% lo considera ancora un rischio “elevato” per i propri obiettivi di investimento a tre anni. Queste percentuali si differenziano con riferimento all’Italia: gli investitori italiani percepiscono meno i tassi di interesse, con riferimento sia ai livelli attuali che alle prospettive di incremento futuro, come fonte di rischio per la strategia di investimento. È invece maggiore la percentuale di rispondenti italiani che, rispetto alla media europea, indica come possibile minaccia il tail risk (70% rispetto al 58%), il rischio di liquidità (60% in confronto al 42%) ed il rischio di controparte (40% rispetto al 22%).
Gli investitori si scoprono finalmente propensi al rischio. Prosegue James Dilworth: “Durante la crisi del debito dell’eurozona, AllianzGI ha sempre creduto che non si sarebbe verificato uno smembramento della moneta unica ed invitato gli investitori ad assumere un rischio misurato nei portafogli. Nonostante i segnali di maggiore stabilità economica e la crescente fiducia che il peggio della crisi sia alle spalle, siamo convinti che i governi e le banche centrali rimarranno sul binario della financial repression più a lungo per aiutare le economie a ridurre l’indebitamento, costringendo pertanto i risparmiatori a pagare il conto. È quindi un segnale molto positivo che questo RiskMonitor indichi le azioni come l’asset class che più probabilmente darà i migliori risultati a fronte del rischio sottostante”.
Secondo il 60% dei partecipanti all’indagine il rischio azionario sarà quello maggiormente remunerativo nei prossimi tre anni, mentre il rischio di credito è citato solo dal 32%. Oltre il 90% si aspetta rendimenti positivi dai titoli azionari globali, con un rendimento medio annuo atteso pari al 6%. Nel complesso, l’indagine evidenzia come molti investitori alla ricerca di rendimento abbiano sviluppato una maggiore propensione al rischio. L’asset allocation è inoltre diventata più tattica e maggiormente focalizzata su fattori macro rispetto al passato.
Sebbene gli investitori riconoscano ampiamente la necessità ed i vantaggi della regolamentazione, il 73% dei rispondenti all’indagine afferma che ciò ha un prezzo, ed oltre la metà ritiene che il contesto normativo possa diventare meno favorevole nei prossimi tre anni. Per effetto della regolamentazione, la performance annuale risulta in media inferiore del 2,3%. Anche disposizioni nazionali più severe (citate dal 34% dei partecipanti), nuovi controlli sul capitale e requisiti di investimento (indicati dal 31%), sono considerati rischi per gli obiettivi di performance nei prossimi tre anni. Il 27% circa indica preoccupazione sui possibili impatti del contesto politico e normativo per il raggiungimento degli obiettivi di investimento, ma una percentuale equivalente esprime un giudizio maggiormente positivo.
Il pessimismo in merito all’evoluzione del quadro politico e normativo risulta particolarmente evidente in Europa, dove circa la metà degli intervistati si aspetta una situazione meno favorevole nei prossimi tre anni. Anche in Italia si registra una grande attenzione al rischio normativo: rispetto ai rispondenti europei, gli investitori italiani percepiscono maggiormente i possibili rischi derivanti dal livello delle competenze in termini di risk management (50% rispetto al 23%), dai controlli sul capitale e sui requisiti di investimento (70% in confronto al 33%) e dalla complessità delle transazioni internazionali (60% rispetto al 28%). Di contro, il 60% dei partecipanti italiani afferma che il quadro normativo consente un’efficiente gestione degli investimenti, mentre a livello europeo questo consenso si attesta al 44%.
Il commento di Alberto D’Avenia, Country Head Italia di Allianz Global Investors Europe GmbH: “Alla luce del difficile contesto di mercato e delle normative emergenti, il rischio continuerà a essere il tema principale per gli investitori istituzionali nei prossimi decenni. Analizzando le risposte degli investitori italiani circa gli strumenti finanziari che consentono il più efficiente controllo del rischio, registriamo la preferenza, rispetto alla media europea, per le strategie di investimento risk-driven e di asset allocation dinamica, ed una minore preferenza per gli strumenti di gestione della duration, investimenti liability-driven o focalizzati su tematiche ambientali, sociali e di governance”. “In uno scenario di bassi rendimenti sulle obbligazioni sovrane e limitati budget di rischio - continua D’Avenia - il futuro successo del business dipenderà sostanzialmente dalla nostra capacità di rimanere al fianco dei nostri clienti, aiutandoli a sfruttare a proprio vantaggio il rischio presente sui mercati finanziari con un approccio intelligente e attento ai vincoli normativi applicabili”.
Conclude Mauro Vittorangeli, CIO Fixed Income Euro Aggregate Strategy di Allianz Global Investors: “In un’era di financial repression, le conseguenze della politica monetaria molto accomodante sono chiaramente diventate un onere per chi investe in titoli sovrani e hanno comportato una distorsione dei flussi di capitale globali. Gli investitori sono alla ricerca di rendimenti reali, e in questo contesto non assumere rischio non è un'opzione possibile: gli investimenti oggi necessitano di un approccio sempre più diversificato e flessibile. Più si conoscono i rischi specifici che si assumono, meglio si riesce a sfruttare il loro potenziale al rialzo e a mitigare i possibili ribassi”.