È stato presentato a Milano presso Borsa Italiana l’undicesimo report annuale di Itinerari Previdenziali “Investitori istituzionali italiani: iscritti risorse e gestori per l’anno 2023” che certifica come, dopo la flessione registrata lo scorso anno, il patrimonio degli investitori istituzionali è tornato a crescere attestandosi a 993,4 miliardi di euro.
In percentuale del PIL, il patrimonio di fondi pensione negoziali e preesistenti, Casse Privatizzate, Fondazioni di origine Bancaria e forme di assistenza sanitaria integrativa è pari al 14,2%. Includendo anche il welfare privato (compagnie di assicurazioni del settore vita, rami I, IV e V, fondi aperti e PIP), tale rapporto aumenta al 48%.
Il ritratto emerso dal report è quello di un Paese che negli anni è riuscito a conservare e consolidare il proprio mercato istituzionale, resistendo a scenari avversi e raggiungendo una dimensione ormai piuttosto rilevante anche nel confronto internazionale. Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, afferma: “Guardando ad esempio alla sola previdenza complementare, se si considera che il rapporto tra il patrimonio dei fondi pensione e il PIL è di poco superiore all’11%, quando in molti altri Paesi supera il 50%, risulta evidente come il nostro sia un mercato già molto interessante, ma con alte potenzialità di sviluppo, soprattutto se verranno implementate le necessarie riforme in termini di fondo di garanzia per le microimprese e le PMI (eliminato dal Governo Prodi/Damiano nel 2007) e la revisione fiscale prevista nella delega”.
Nel dettaglio, come rilevato dall’undicesima edizione della pubblicazione, sono 300 i player istituzionali operativi a fine 2023 (30 in meno rispetto all’anno precedente). Si tratta di 86 Fondazioni di origine Bancaria, 20 Casse Professionali Privatizzate, 33 fondi negoziali e 161 fondi preesistenti, cui si aggiungono poi Casse e fondi di assistenza sanitaria integrativa, ben 324 secondo gli ultimi dati ufficiali del Ministero della Salute, fermi però al 2022.
“Un numero sicuramente elevato per un Paese come l’Italia se si considera che i primi 50 fondi rappresentano da soli, per iscritti e patrimonio, i due terzi dell’intero settore e che, alla sanità privata manca ancora, a differenza della previdenza complementare, una legge quadro che regolamenti in via definitiva il sistema”, spiega Brambilla. Auspicabile, dunque, che si vada nel medio periodo verso una razionalizzazione di questi operatori, esattamente come accaduto, sebbene per ragioni diverse, ai fondi pensione preesistenti che negli ultimi dieci anni si sono ridotti di ben 169 unità per effetto di accorpamenti e fusioni (-30 nel 2023). Nel settore privato, oltre alle compagnie di assicurazioni, sono operativi 40 fondi pensione aperti e 68 PIP “nuovi” per un totale di 108 soggetti, numero invariato rispetto all’anno precedente ma in netta riduzione rispetto ai 135 del 2012. Dei 68 PIP, 36 sono chiusi al collocamento.